Lo scorso numero questa
testata pubblicò
un articolo in prima
pagina dal titolo «Arbitrati,
il silenzio di Scotti», nel
quale ci si doleva del fatto
che il presidente del Tribunale
di Roma avesse revocato
la propria disponibilità
a concedere un’intervista
dopo aver conosciuto il testo
delle domande.
Lo scorso numero questa
testata pubblicò
un articolo in prima
pagina dal titolo «Arbitrati,
il silenzio di Scotti», nel
quale ci si doleva del fatto
che il presidente del Tribunale
di Roma avesse revocato
la propria disponibilità
a concedere un’intervista
dopo aver conosciuto il testo
delle domande.
Nell’articolo si dava notizia
ai lettori del fatto che una
delle domande era incentrata
sulla problematica degli
incarichi giudiziari, in relazione
ai quali la PAROLA
al POPOLO aveva chiesto,
che venisse redatto dall’ufficio
di presidenza un regolamento
per la loro assegnazione,
nonché un elenco di
tutti gli incarichi affidati, atto
a consentire sia la trasparenza
negli affidamenti, sia
un controllo dell’operato dei
destinatari, indispensabile in
un Tribunale delle dimensioni
di quelle di Roma.
La proposta non era in polemica
nei confronti di alcuno,
ma esclusivamente costruttiva,
in quanto il giornale
riteneva che le problematiche
esposte fossero comuni
anche alla Magistratura:
e ciò alla luce del fatto
che il quotidiano colloquio
che un avvocato ha con i
Giudici porta a ritenere che la
maggioranza degli stessi sarebbe
ben lieta di avere a disposizione
degli strumenti per
operare meglio e senza essere
esposti a possibili contestazioni.
La copia del giornale è stata,
ovviamente, inviata anche al
Presidente del Tribunale, come
già avvenuto in precedenza.
Malgrado la discreta rilevanza
grafica dell’articolo, collocato
in prima pagina, il Presidente
Scotti non ha ritenuto
di inviare una risposta sull’argomento.
Il giornale ne ha
preso atto, se ne dispiace e
continuerà a trattare la materia,
ritenendolo di grande rilievo
politico, così come anni
addietro lo fu quello dell’affidamento
ai Magistrati di incarichi
arbitrali altamente remunerativi.
Ovviamente la prima pagina
resta a disposizione del Presidente
Scotti per un suo intervento
sull’argomento, quando
egli lo vorrà o riterrà opportuno
far conoscere ad avvocati,
operatori del diritto e comuni
cittadini la propria autorevole
opinione sul punto.
Ciò che ha colpito chi scrive
è stato che, nei giorni immediatamente
successivi alla distribuzione
del giornale negli
uffici giudiziari ed al Consiglio
Superiore della Magistratura,
è pervenuta al proprio
studio professionale una convocazione
presso la Cancelleria
dell’Ufficio Stampa su ordine
del Magistrato dirigente
la Sezione per la Stampa e
l’Informazione, che aveva disposto
eseguirsi la convocazione
mediante comunicazione
telefonica o via telefax (tipica
dei soli casi urgenti).
Il provvedimento è motivato
dalla necessità di un aggiornamento
e revisione della testata
la PAROLA al POPOLO.
Acceduto insieme ad una
collega all’ufficio (nel quale,
da sempre, regna la cortesia e
professionalità dei suoi addetti
e funzionari di cancelleria),
ho potuto personalmente
verificare che nel fascicolo
relativo alla testata era stata
inserita una copia del giornale
contenete l’articolo sugli
arbitrati.
Il cancelliere dirigente, dr.
Parnasi, ha rappresentato
che, avendo inserito sopra la
propria testata la lente di ingrandimento
sul tema della
giustizia, la PAROLA al
POPOLO doveva ritenersi
un giornale che aveva modificato
la propria testata e che,
altresì, la comunicazione del
nominativo della società editrice,
effettuata circa dieci
anni or sono, non appariva
regolare nelle forme.
Conseguentemente la cancelleria
ha prospettato la necessità
di un aggiornamento documentale
e della testata, cui
chi scrive ha ritenuto di aderire,
malgrado non abbia trovato
nella legge sulla stampa
(L. 8/4/48, n° 47, art. 5) il riscontro
alla fondatezza della
richiesta dell’ufficio. In fondo
si tratta solo di una questione
meramente burocratica,
che comporterà spese per
non più di mille euro ed una
discreta perdita di tempo, in
relazione alla quale non vale
certamente la pena soffermarsi
in una sottile disquisizione
giuridica sulla fondatezza
o meno delle osservazioni
provenienti dal Magistrato
delegato alla Sezione
Stampa dal Presidente del
Tribunale.
Ciò che ha colpito è stata la
consecutio temporum, tanto
importante per chi proviene
dagli studi classici, come chi
scrive. Allora, nei compiti in
classe di latino, sbagliarla
voleva dire un’insufficienza
sicura.
La testata la PAROLA al
POPOLO è stata registrata al
Tribunale di Roma 27 anni
fa, esattamente il 17 Ottobre
1975 e, a memoria, quella di
cui si sta parlando è la prima
convocazione per una revisione
che perviene dalla sezione
stampa, persino con le forme
della notifica d’urgenza.
Il motivo non è stato, ovviamente,
l’articolo in materia
di arbitrati, ma l’interesse
che lo stesso ha provocato,
per cui sono pervenute alla
sezione notizie per saperne
di più su questa testata. Così
il fascicolo è stato visionato
e InGIUSTIZIA va ad integrare
stabilmente la storica
testata la PAROLA al POPOLO,
lasciando il proprio
ruolo di semplice lente di ingrandimento
su un tema politico
sociale di particolare
importanza in questo momento
storico.
Analizzando psicologicamente
le osservazioni provenienti
dalla Sezione Stampa
si ha la sensazione che da
parte del Magistrato suo dirigente
vi sia una incoscia consapevolezza
che la lente di
ingrandimento sulla giustizia
non sia necessaria per un limitato
periodo, ma che il
problema sia talmente cronicizzato
da non lasciare spazio
ad un ritorno alla normalità.
Certamente il silenzio rispetto
a domande che nulla hanno
di offensivo non aiuta ad
avere fiducia nella giustizia,
così come non aiuta il prendere
determinati provvedimenti
in momenti in cui il
destinatario avverta la sensazione
che vi potrebbero essere
stati degli eventi che potrebbero
aver portato all’emissione
di provvedimenti
formalmente legittimi, ma finalizzati
ad altri scopi.
Una informazione di garanzia
inviata all’attuale Presidente
del Consiglio in un momento
sicuramente errato ha indotto
il Parlamento a modificare
l’art. 111 Cost., con il voto
comune dei due poli: non essendo
un Berlusconi e non
avendo ricevuto alcuna informazione
di garanzia, mi limito
ad auspicare che questa
non felice consecutio temporum
possa costituire uno stimolo
per l’emanzione di una
trasparente regolamentazione
degli incarichi giudiziari.
di Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma