La consecutio temporum
Date: Friday, March 18 @ 17:53:38 CET
Topic: 2002


Lo scorso numero questa testata pubblicò un articolo in prima pagina dal titolo «Arbitrati, il silenzio di Scotti», nel quale ci si doleva del fatto che il presidente del Tribunale di Roma avesse revocato la propria disponibilità a concedere un’intervista dopo aver conosciuto il testo delle domande.



Lo scorso numero questa testata pubblicò un articolo in prima pagina dal titolo «Arbitrati, il silenzio di Scotti», nel quale ci si doleva del fatto che il presidente del Tribunale di Roma avesse revocato la propria disponibilità a concedere un’intervista dopo aver conosciuto il testo delle domande.
Nell’articolo si dava notizia ai lettori del fatto che una delle domande era incentrata sulla problematica degli incarichi giudiziari, in relazione ai quali la PAROLA al POPOLO aveva chiesto, che venisse redatto dall’ufficio di presidenza un regolamento per la loro assegnazione, nonché un elenco di tutti gli incarichi affidati, atto a consentire sia la trasparenza negli affidamenti, sia un controllo dell’operato dei destinatari, indispensabile in un Tribunale delle dimensioni di quelle di Roma.
La proposta non era in polemica nei confronti di alcuno, ma esclusivamente costruttiva, in quanto il giornale riteneva che le problematiche esposte fossero comuni anche alla Magistratura: e ciò alla luce del fatto che il quotidiano colloquio che un avvocato ha con i Giudici porta a ritenere che la maggioranza degli stessi sarebbe ben lieta di avere a disposizione degli strumenti per operare meglio e senza essere esposti a possibili contestazioni.
La copia del giornale è stata, ovviamente, inviata anche al Presidente del Tribunale, come già avvenuto in precedenza.
Malgrado la discreta rilevanza grafica dell’articolo, collocato in prima pagina, il Presidente Scotti non ha ritenuto di inviare una risposta sull’argomento.
Il giornale ne ha preso atto, se ne dispiace e continuerà a trattare la materia, ritenendolo di grande rilievo politico, così come anni addietro lo fu quello dell’affidamento ai Magistrati di incarichi arbitrali altamente remunerativi.
Ovviamente la prima pagina resta a disposizione del Presidente Scotti per un suo intervento sull’argomento, quando egli lo vorrà o riterrà opportuno far conoscere ad avvocati, operatori del diritto e comuni cittadini la propria autorevole opinione sul punto.
Ciò che ha colpito chi scrive è stato che, nei giorni immediatamente successivi alla distribuzione del giornale negli uffici giudiziari ed al Consiglio Superiore della Magistratura, è pervenuta al proprio studio professionale una convocazione presso la Cancelleria dell’Ufficio Stampa su ordine del Magistrato dirigente la Sezione per la Stampa e l’Informazione, che aveva disposto eseguirsi la convocazione mediante comunicazione telefonica o via telefax (tipica dei soli casi urgenti).
Il provvedimento è motivato dalla necessità di un aggiornamento e revisione della testata la PAROLA al POPOLO.
Acceduto insieme ad una collega all’ufficio (nel quale, da sempre, regna la cortesia e professionalità dei suoi addetti e funzionari di cancelleria), ho potuto personalmente verificare che nel fascicolo relativo alla testata era stata inserita una copia del giornale contenete l’articolo sugli arbitrati.
Il cancelliere dirigente, dr. Parnasi, ha rappresentato che, avendo inserito sopra la propria testata la lente di ingrandimento sul tema della giustizia, la PAROLA al POPOLO doveva ritenersi un giornale che aveva modificato la propria testata e che, altresì, la comunicazione del nominativo della società editrice, effettuata circa dieci anni or sono, non appariva regolare nelle forme.
Conseguentemente la cancelleria ha prospettato la necessità di un aggiornamento documentale e della testata, cui chi scrive ha ritenuto di aderire, malgrado non abbia trovato nella legge sulla stampa (L. 8/4/48, n° 47, art. 5) il riscontro alla fondatezza della richiesta dell’ufficio. In fondo si tratta solo di una questione meramente burocratica, che comporterà spese per non più di mille euro ed una discreta perdita di tempo, in relazione alla quale non vale certamente la pena soffermarsi in una sottile disquisizione giuridica sulla fondatezza o meno delle osservazioni provenienti dal Magistrato delegato alla Sezione Stampa dal Presidente del Tribunale.
Ciò che ha colpito è stata la consecutio temporum, tanto importante per chi proviene dagli studi classici, come chi scrive. Allora, nei compiti in classe di latino, sbagliarla voleva dire un’insufficienza sicura.
La testata la PAROLA al POPOLO è stata registrata al Tribunale di Roma 27 anni fa, esattamente il 17 Ottobre 1975 e, a memoria, quella di cui si sta parlando è la prima convocazione per una revisione che perviene dalla sezione stampa, persino con le forme della notifica d’urgenza.
Il motivo non è stato, ovviamente, l’articolo in materia di arbitrati, ma l’interesse che lo stesso ha provocato, per cui sono pervenute alla sezione notizie per saperne di più su questa testata. Così il fascicolo è stato visionato e InGIUSTIZIA va ad integrare stabilmente la storica testata la PAROLA al POPOLO, lasciando il proprio ruolo di semplice lente di ingrandimento su un tema politico sociale di particolare importanza in questo momento storico.
Analizzando psicologicamente le osservazioni provenienti dalla Sezione Stampa si ha la sensazione che da parte del Magistrato suo dirigente vi sia una incoscia consapevolezza che la lente di ingrandimento sulla giustizia non sia necessaria per un limitato periodo, ma che il problema sia talmente cronicizzato da non lasciare spazio ad un ritorno alla normalità.
Certamente il silenzio rispetto a domande che nulla hanno di offensivo non aiuta ad avere fiducia nella giustizia, così come non aiuta il prendere determinati provvedimenti in momenti in cui il destinatario avverta la sensazione che vi potrebbero essere stati degli eventi che potrebbero aver portato all’emissione di provvedimenti formalmente legittimi, ma finalizzati ad altri scopi.
Una informazione di garanzia inviata all’attuale Presidente del Consiglio in un momento sicuramente errato ha indotto il Parlamento a modificare l’art. 111 Cost., con il voto comune dei due poli: non essendo un Berlusconi e non avendo ricevuto alcuna informazione di garanzia, mi limito ad auspicare che questa non felice consecutio temporum possa costituire uno stimolo per l’emanzione di una trasparente regolamentazione degli incarichi giudiziari.

di Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma







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