Dall’Europa gli strumenti per combattere i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali
Con il recente Decreto
Legislativo
231 del 9/10/02 è
stata data attuazione nel
nostro ordinamento alla
direttiva comunitaria 35
del 2000 relativa alla lotta
contro i ritardi di pagamento
nelle transazioni
commerciali, definite come
«i contratti, comunque
denominati, tra imprese
ovvero tra imprese e pubbliche
amministrazioni,
che comportano, in via
esclusiva o prevalente, la
consegna di merci o la
prestazione di servizi,
contro il pagamento di un
prezzo».
La ricetta è tutta qui: colpire
il debitore direttamente
nel portafogli.
In che modo? Semplice:
prevedendo a carico del
debitore interessi moratori
tali da scoraggiare quegli
atteggiamenti strumentalmente
dilatori,
suggeriti sino ad oggi dall’esiguità
degli interessi
legali e dalle lungaggini
prima del processo di cognizione
e poi di quello
di esecuzione.
Addentrandoci nel testo
normativo scopriamo anzitutto
(articolo 2) che per
«imprenditore» deve intendersi
non soltanto, come
per definizione, «ogni
soggetto esercente un’attività
economica», ma –
udite avvocati! – anche un
libero professionista.
Osserviamo poi (articolo
4) che gli interessi di mora
decorrono automaticamente
(e dunque senza bisogno
di comunicare al
debitore un atto formale)
dal giorno successivo alla
scadenza del termine per
il pagamento.
Ove le parti non abbiano
determinato e per iscritto
il termine del pagamento
del corrispettivo, la scadenza
legale sarà di trenta
giorni decorrenti dal ricevimento
della fattura – o
di richiesta equivalente di
pagamento – da parte del
debitore, oppure dal ricevimento
delle merci o dalla
prestazione del servizio
(quando non sia certa la
data di ricevimento della
fattura – o della richiesta
equivalente di pagamento)
ovvero quando la fattura
– o la richiesta equivalente
di pagamento –
sia stata ricevuta in data
anteriore al ricevimento
delle merci o alla prestazione
del servizio, o ancora
dalla accettazione o
dalla verifica eventualmente
previste dalla legge
o dal contratto ai fini
dell’accertamento della
conformità della merce o
dei servizi alle previsioni
contrattuali (qualora il
debitore riceva la fattura
– o la richiesta equivalente
di pagamento – in
epoca successiva a tale
data).
Il termine legale è maggiore,
60 giorni, soltanto
per i contratti aventi ad
oggetto la cessione di
prodotti alimentari deteriorabili.
La facoltà delle parti,
nell’esercizio della propria
autonomia negoziale,
di stabilire un termine
superiore a quelli testè
citati deve essere esercitata
per iscritto e comunque
nel rispetto dei «limiti
concordati nell’ambito
di accordi sottoscritti,
presso il Ministero
delle attività produttive,
delle organizzazioni
maggiormente rappresentative
a livello nazionale
della produzione, della
trasformazione e della distribuzione
per categorie
di prodotti deteriorabili
specifici».
D’altra parte, l’accordo
tra le parti sulla data del
pagamento o sulle conseguenze
del ritardato pagamento
è nullo (articolo
7) se, «avuto riguardo alla
corretta prassi commerciale,
alla natura della
merce o dei servizi oggetto
del contratto, alla
condizione dei contraenti
ed ai rapporti commerciali
tra i medesimi», risulti
gravemente iniquo
in danno del creditore.
Il saggio degli interessi a
carico del debitore in
mora (articolo 5) è determinato
in misura pari al
saggio di interesse applicato
dalla Banca Centrale
Europea alle sue principali
operazioni di rifinanziamento
maggiorato di
sette punti percentuali:
attualmente, dunque, un
saggio complessivo del
10% circa.
Va poi sottolineato che il
creditore, di fronte al debitore
moroso, ha anche
diritto al risarcimento dei
costi di recupero delle
somme non tempestivamente
corrisposte (salva
la prova del maggior
danno), con particolare
riguardo ai costi dei cosiddetti
interventi legali,
tenendo conto «delle tariffe
forensi in materia
stragiudiziale», come
previsto dall’articolo 6.
Invero, il debitore può
sottrarsi a tutto quanto
abbiamo appena evidenziato
soltanto attraverso
la dimostrazione che il
ritardo nel pagamento
del prezzo è stato determinato
dalla impossibilità
della prestazione derivante
da causa a lui
non imputabile: un principio
generale del nostro
ordinamento, tautologicamente
richiamato all’articolo
3 del decreto
legislativo in esame.
Decreto legislativo che è
andato ad incidere anche
su quello che è lo strumento
processuale principale
per avviare l’attività
di recupero di un
credito, cioè il procedimento
per decreto ingiuntivo:
fra le diverse
modificazioni del codice
processuale, di particolare
momento è la previsione
– inserita quale ultimo
capoverso dell’articolo
648 del codice di
procedura civile – della
concedibilità da parte
del giudice della opposizione
a decreto ingiuntivo
della provvisoria esecuzione
parziale del
provvedimento monitorio
ancorché <> e <>.
Non può tacersi, infine,
che le disposizioni che
abbiamo passato in rassegna
non potranno essere
applicate ai contratti
conclusi prima del
8/8/2002.
di Simone Trivelli
Avvocato del Foro di Roma