La galassia della mediazione familiare
Date: Wednesday, March 30 @ 16:39:28 CEST
Topic: 2003


La Mediazione Familiare: una risorsa concreta alla quale bisogna dare dignità di legge



Sempre più numerosi sono i riferimenti sulle riviste specializzate e sulla stampa, anche quotidiana, che fanno riferimento alla Mediazione Familiare, come possibile via di soluzione alle problematiche della crisi della famiglia.
Si fa un gran parlare dell’esperienza di alcuni Paesi europei od extra europei, che hanno già previsto la Mediazione Familiare come risorsa concreta offerta agli utenti.
Ma la nostra attenzione, nell’esaminare il problema della riforma del diritto di famiglia (negli aspetti della separazione e del divorzio) non può essere sviata da altre realtà, e non tener ben presente il contesto sociale e culturale e i principi del diritto, che caratterizzano la esperienza italiana.
Posta questa premessa, necessaria per fermare sul nascere ogni tentativo di far passare come battaglie condivisibili quelle che tentano di privatizzare tutto il contenzioso familiare, (vista l’impossibilità di una visione che non tenga presente il diritto e le tutele offerte dalla giurisdizione, nella verifica degli interessi connessi alla soluzione di continuità della famiglia) è evidente a tutti che è arrivato il momento di dare dignità di legge alla Mediazione Familiare.
E tale dignità, a parere dello scrivente, deve essere propedeutica a qualunque inserimento dell’istituto della Mediazione Familiare, nel nostro ordinamento.
Diversamente, il campo della Mediazione Familiare verrebbe invaso, come campo nuovo di mercato, da mille soggetti non aventi requisiti professionali omogenei tra loro, con conseguente disarmonia delle risposte agli utenti, e con conseguente endemico fallimento della soluzione prospettata.
In altre parole, non si può prevedere l’utilità di una soluzione e la validità del suo percorso, senza prima avere tracciato i requisiti di formazione dei professionisti che si dovranno occupare della gestione di questa risorsa.
E’ sconfortante verificare come sino ad oggi, la maggior parte delle Proposte di Legge abbiano invertito la questione prevedendo «Centri polifunzionali per la famiglia» o «Consultori Familiari» e addirittura «Unità specializzate per la famiglia» (come si legge nel Progetto di Legge 3290 al Senato) come soluzioni che si limitano ad immaginare i «benefici effetti» della Mediazione Familiare nella soluzione dei problemi tra i coniugi, ma che rimandano a non si sa bene quando, ogni previsione della regolamentazione circa la formazione dei professionisti della Mediazione Familiare.
Ecco dunque perché ritengo sia necessario da parte degli Avvocati lanciare un fortissimo allarme.
Fra tutti i professionisti della crisi della famiglia, gli Avvocati sono quelli che più da vicino conoscono il vissuto delle parti nel momento della loro massima confusione, della loro massima angoscia, quando si trovano a vivere l’evento-scontro della loro separazione o del loro divorzio.
Nessuno come gli Avvocati, è attento ad ogni pronuncia innovativa, in materia famiglia, della Giurisprudenza, alla quale va riconosciuto il merito di aver via via umanizzato e reso sempre più aderente al sentire sociale, la normativa della separazione e del divorzio, nel prevedere equilibri diversi dopo l’evento formale della crisi della coppia.
Nel campo dello scioglimento del «nodo contrattuale », il progresso delle soluzioni giurisprudenziali, non può non essere riconosciuto.
Ma nel campo della soluzione del «nodo relazionale », che rappresenta il campo di elezione della Mediazione Familiare, e del suo mondo quello della psicologia relazionale, non è consentito andare avanti per tentativi o adattamenti, ed il carico umano e sociale di sofferenza, per gli errori che scaturirebbero dal presappochismo e dalla mancata chiarezza circa la previsione della formazione professionale, degli addetti alla Mediazione Familiare, non sarebbe sopportabile.
Ecco perché è assolutamente necessario che prima che il nostro legislatore abbia a prevedere il ricorso a tale via, come soluzione della crisi del nodo relazionale (che è la vera causa delle separazioni e dei divorzi) venga prevista e regolamentata la categoria dei professionisti della Mediazione Familiare.
E ciò per impedire che un settore così delicato, venga invaso da professionalità le più svariate, animate, forse, da mille buone intenzioni, ma anche da troppo diverse estrazioni di formazione di base, e quindi incapaci di dare alle problematiche una risposta univoca, rischiando di generare così il fallimento di tale via di soluzione.
Ecco perché per onestà concettuale, non possiamo non ricordare che il mondo della Mediazione Familiare in Italia vede ormai da un decennio operare la Società Italiana di Mediazione Familiare, che è membro della più vasta realtà Europea.
Ecco perché è assolutamente necessario difendere l’autonomia della Mediazione, dalla fase processuale, che può interrompersi, come è preferibile, o può continuare, ma in assoluta e perfetta autonomia con il percorso di mediazione intrapreso dai coniugi.
Perché la mediazione possa avere successo, o meglio ancora perché possa avere un senso, ogni elemento della dinamica processuale, nel contesto mediativo, deve essere abbandonato; ai soggetti in mediazione deve essere consentito affrontare il piano emotivo relazionale, senza che questo possa, o debba avere, alcun effetto nella dinamica processuale, per giungere allo scioglimento al superamento del nodo relazionale.
Ogni diversa impostazione ha come effetto, semplicemente, quello di snaturare la Mediazione Familiare e farne un inutile, ulteriore, teatrino della dinamica conflittuale, come accade oggi troppo spesso, con la Consulenza Tecnica Psicologica in materia di famiglia, dove i soggetti coinvolti sentono di dover dare il massimo, perché valutati e giudicati nei loro comportamenti.
Svilire o ridurre a questo, la Mediazione Familiare, significherebbe privare questa particolare via di soluzione delle problematiche della crisi familiare, del più importante aspetto, quello che fuori dal contesto giudiziale, fuori dalla conflittualità processuale, un genitore può essere se stesso e può, senza essere giudicato da nessuno, riconoscere l’ex partner come soggetto degno di considerazione e riconoscimento genitoriale.
Aspetto che gli sarebbe precluso nella dinamica processuale, proprio a causa della conflittualità insita con tale realtà.
Ignorare questo aspetto, come è capitato di leggere e di sentire, immaginare la Mediazione Familiare come realtà endoprocessuale, significa tradire lo spirito stesso della Mediazione, che è risorsa solo se consente ai soggetti, in questa coinvolti, di essere se stessi al di là del gioco delle parti del processo.
In questo è la grandezza ed il limite della Mediazione Familiare, solo la spontaneità del ricorso a tale soluzione, solo la sua perfetta autonomia e segretezza dal contesto giudiziale, né può garantire un possibile successo.
Ogni diversa ricostruzione ne assicurerà un certo fallimento.

di Giorgio Vaccaro
Avvocato del Foro di Roma







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