Regioni e Devolution
Date: Monday, November 20 @ 00:00:00 CET
Topic: 2006


La riforma costituzionale diventa legge.

L’aula del Senato ha approvato il 16 novembre in via definitiva la riforma costituzionale, che con 170 voti favorevoli è divenuta legge.
Con la riforma al capo IV e V della Costituzione si è alimentata una polemica politica accesissima nei confronti nel Governo: il centrosinistra è pronto a proporre un referendum per la sua abrogazione, i sindacati si sono dichiarati ostili e diversi costituzionalisti hanno sollevato diverse obiezioni.
Ciò su cui più si dibatte è che con le modifiche costituzionali si sarebbe frantumato il tessuto sociale italiano, dando fiato e sostegno normativo a particolari suggestioni di natura etnica e potenzialmente separatiste.
Ma contrariamente a quanto propagandato, e valutando in un testo comparato gli articoli di modifica abbiamo fatto una scoperta interessante: Le modifiche al titolo V sono principalmente in senso opposto! Restringono cioè il campo d'azione delle Regioni rispetto a quanto il centro-sinistra fece con le modifiche costituzionali del 2001.
Vediamo sinteticamente perché: tornano alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117) le norme generali sulla tutela della salute, la sicurezza del lavoro, le grandi reti strategiche di trasporto e navigazione, l'ordinamento della comunicazione, l'ordinamento delle professioni intellettuali, l'ordinamento sportivo nazionale, la produzione strategica, il trasporto e la distribuzione nazionali dell'energia.
Viene reintrodotto (art. 120) il concetto di “interesse nazionale” grazie al quale il governo centrale potrà annullare qualsiasi atto degli enti locali e qualsiasi legislazione regionale. Viene istituito il Senato federale, ma il Senato federale ha competenza solo per le materie a legislazione “concorrente”, cioè non proprie dello Stato centrale e non proprie delle Regioni; il Senato federale non può sfiduciare il Governo;
il Governo può imporre a disegni di legge del Senato modifiche che siano essenziali al conseguimento del programma di Governo (art. 70 comma 4).
Ciò significa che i rappresentanti di tutte le Regioni potranno essere obbligati a realizzare nel Senato federale il programma del Governo centrale. Viceversa, il vero scopo della riforma è di restituire al popolo la sua sovranità. Il popolo elegge infatti in modo diretto il Primo Ministro ed una maggioranza parlamentare a lui collegata.
Quindi il Primo Ministro è eletto direttamente dal Popolo sovrano e godrà quindi di una enorme legittimità democratica.
Solo il popolo avrà il potere di delegittimarlo. Egli avrà il potere di determinare la politica generale del Governo e ne sarà responsabile, garantisce l'unità di indirizzo politico e amministra, dirigendo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri.
Il Primo Ministro illustra il programma di legislatura e la composizione del Governo alle Camere entro dieci giorni dalla nomina.
La Camera dei Deputati si esprime con voto sul programma. Il Primo Ministro può porre la questione di fiducia e chiedere che la Camera dei deputati si esprima, con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del Governo, nei casi previsti dal suo regolamento. La votazione ha luogo per appello nominale.
In caso di voto contrario, il Primo Ministro si dimette.
Non è comunque ammessa la questione di fiducia sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale.
In qualsiasi momento la Camera dei deputati può obbligare il Primo ministro alle dimissioni, con l'approvazione di una mozione di sfiducia che deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera dei deputati, non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione, deve essere votata per appello nominale e approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti.
Nel caso di approvazione, il Primo ministro si dimette e il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati ed indìce le elezioni.
Il Primo ministro si dimette altresì qualora la mozione di sfiducia sia stata respinta con il voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni.
Qualora sia presentata e approvata una mozione di sfiducia, con la designazione di un nuovo Primo ministro, da parte dei deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, il Primo ministro si dimette e il Presidente della Repubblica nomina il Primo ministro designato dalla mozione.
La complessità della riforma si avverte sin dalle modalità della sua entrata in vigore.
La nuova legge, infatti, scagliona in più termini l'entrata in vigore delle varie e complesse riforme che, nell'insieme, non dovrebbero essere operative prima del 2011, vale a dire all'inizio della legislatura successiva a quella della promulgazione della legge.
La promulgazione, comunque, non potrà avvenire prima della prossima legislatura, perché dopo la pubblicazione della legge approvata in Gazzetta Ufficiale la Costituzione prevede 90 giorni di tempo perché i cittadini contrari indichino, con procedure previste, un referendum confermativo (dato che né Camera né Senato in seconda lettura l'hanno approvata con la maggioranza dei due terzi).
Con l'istituzione del Senato federale della Repubblica, quale Camera rappresentativa degli interessi del territorio e delle comunità locali, arriva la fine del bicameralismo perfetto.
Il nuovo Parlamento sarà composto dalla Camera dei Deputati e dal Senato Federale della Repubblica.
Salvo alcune materie, il modello prevalente è quello dei procedimenti monocamerali, rispettivamente di competenza della Camera e del Senato Federale sulla base delle materie trattate.
In base a tale sistema, non è più richiesta una doppia approvazione di Camera e Senato sullo stesso testo.
La Camera esamina le leggi su materie riservate allo Stato, il Senato leggi che riguardano le materie concorrenti, cioè quelle riservate sia allo Stato che alle Regioni. Il ramo del Parlamento che non ha la competenza diretta può presentare proposte di modifica.
Sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, Camera e Senato legiferano insieme.
Con la riforma viene attribuita alle regioni la potestà legislativa esclusivamente su assistenza e organizzazione sanitaria, organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della regione, polizia amministrativa e regionale.
Mentre tornano alla competenza dello Stato le norme generali in materia di tutela della salute, sicurezza del lavoro, le grandi reti strategiche di trasporto e navigazione, l'ordinamento della comunicazione, l'ordinamento delle professioni intellettuali, l'ordinamento sportivo nazionale, la produzione strategica, il trasporto e la distribuzione nazionale di energia.
Facendo ricorso alla cosiddetta clausola di interesse nazionale il governo può inoltre impugnare una legge regionale ritenuta lesiva dell'interesse nazionale: invita la regione a cancellarla e, in caso di risposta negativa, sottopone la legge regionale al Parlamento in seduta comune che ha 15 giorni di tempo per annullarla. Lo Stato può sostituirsi agli enti locali anche nel caso di mancato rispetto di norme internazionali o di pericolo grave.
Con il federalismo fiscale vengono poi introdotti due concetti chiave: - vengono fissati dei limiti per cui in nessun caso l'attribuzione dell'autonomia impositiva alle Regioni, alle Province, alle città metropolitane e ai Comuni può determinare un incremento della pressione fiscale complessiva - viene inserito il concetto di sussidiarietà fiscale, ovvero il cittadino, su alcune spese come a esempio quelle di mantenimento dei figli, invece di pagare le tasse per richiedere poi il rimborso a livello regionale, può detrarle direttamente dalla dichiarazione dei redditi.
Ci sembra dunque che attraverso la riforma costituzionale letta senza pregiudizio, si sia contrariamente a quanto falsamente propagandato rafforzato il concetto di unità nazionale, restringendo il campo autonomie regionali rispetto alle modifiche costituzionali attuale dal centro-sinistra nel 2001 e attraverso il premierato forte e gli antiribaltoni, dato un potere di irreversibilità alle scelte del popolo e del corpo elettorale di scegliere il capo del Governo e la sua maggioranza; una lesione di lealtà, purtroppo, non da tutti condivisa.

Di Luisa Regimenti
Medico legale consulente presso il Tribunale di Roma







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