La riforma costituzionale diventa legge.
L’aula del Senato
ha approvato il
16 novembre in
via definitiva la riforma
costituzionale, che con
170 voti favorevoli è divenuta
legge.
Con la riforma al capo IV
e V della Costituzione si è
alimentata una polemica
politica accesissima nei
confronti nel Governo: il
centrosinistra è pronto a
proporre un referendum
per la sua abrogazione, i
sindacati si sono dichiarati
ostili e diversi costituzionalisti
hanno sollevato diverse
obiezioni.
Ciò su cui più si dibatte è
che con le modifiche costituzionali
si sarebbe
frantumato il tessuto sociale
italiano, dando fiato
e sostegno normativo a
particolari suggestioni di
natura etnica e potenzialmente
separatiste.
Ma contrariamente a
quanto propagandato, e
valutando in un testo comparato
gli articoli di modifica
abbiamo fatto una
scoperta interessante: Le
modifiche al titolo V sono
principalmente in senso
opposto! Restringono cioè
il campo d'azione delle
Regioni rispetto a quanto
il centro-sinistra fece con
le modifiche costituzionali
del 2001.
Vediamo sinteticamente
perché: tornano alla competenza
esclusiva dello Stato (art. 117) le norme
generali sulla tutela della
salute, la sicurezza del lavoro,
le grandi reti strategiche
di trasporto e navigazione,
l'ordinamento
della comunicazione, l'ordinamento
delle professioni
intellettuali, l'ordinamento
sportivo nazionale,
la produzione strategica,
il trasporto e la distribuzione
nazionali dell'energia.
Viene reintrodotto
(art. 120) il concetto di
“interesse nazionale” grazie
al quale il governo
centrale potrà annullare
qualsiasi atto degli enti
locali e qualsiasi legislazione
regionale. Viene
istituito il Senato federale,
ma il Senato federale ha
competenza solo per le
materie a legislazione
“concorrente”, cioè non
proprie dello Stato centrale
e non proprie delle Regioni;
il Senato federale
non può sfiduciare il Governo;
il Governo può imporre
a disegni di legge
del Senato modifiche che
siano essenziali al conseguimento
del programma
di Governo (art. 70 comma 4).
Ciò significa che i rappresentanti
di tutte le Regioni
potranno essere obbligati
a realizzare nel Senato federale
il programma del
Governo centrale. Viceversa,
il vero scopo della
riforma è di restituire al
popolo la sua sovranità. Il
popolo elegge infatti in
modo diretto il Primo Ministro
ed una maggioranza
parlamentare a lui collegata.
Quindi il Primo Ministro
è eletto direttamente
dal Popolo sovrano e godrà
quindi di una enorme
legittimità democratica.
Solo il popolo avrà il potere
di delegittimarlo. Egli
avrà il potere di determinare
la politica generale
del Governo e ne sarà responsabile,
garantisce l'unità
di indirizzo politico e
amministra, dirigendo,
promuovendo e coordinando
l'attività dei ministri.
Il Primo Ministro illustra
il programma di legislatura
e la composizione del
Governo alle Camere entro
dieci giorni dalla nomina.
La Camera dei Deputati
si esprime con voto
sul programma. Il Primo
Ministro può porre la questione
di fiducia e chiedere
che la Camera dei deputati
si esprima, con
priorità su ogni altra proposta,
con voto conforme
alle proposte del Governo,
nei casi previsti dal suo
regolamento. La votazione
ha luogo per appello nominale.
In caso di voto
contrario, il Primo Ministro
si dimette.
Non è comunque ammessa
la questione di fiducia
sulle leggi costituzionali e
di revisione costituzionale.
In qualsiasi momento
la Camera dei deputati
può obbligare il Primo ministro
alle dimissioni, con
l'approvazione di una mozione
di sfiducia che deve
essere firmata da almeno
un quinto dei componenti
della Camera dei deputati,
non può essere messa in
discussione prima di tre
giorni dalla sua presentazione,
deve essere votata
per appello nominale e approvata
dalla maggioranza
assoluta dei componenti.
Nel caso di approvazione,
il Primo ministro si dimette
e il Presidente della Repubblica
decreta lo scioglimento
della Camera dei
deputati ed indìce le elezioni.
Il Primo ministro si dimette
altresì qualora la mozione
di sfiducia sia stata
respinta con il voto determinante
di deputati non
appartenenti alla maggioranza
espressa dalle elezioni.
Qualora sia presentata
e approvata una mozione
di sfiducia, con la
designazione di un nuovo
Primo ministro, da parte
dei deputati appartenenti
alla maggioranza espressa
dalle elezioni in numero
non inferiore alla maggioranza
dei componenti della
Camera, il Primo ministro
si dimette e il Presidente
della Repubblica
nomina il Primo ministro
designato dalla mozione.
La complessità della riforma
si avverte sin dalle
modalità della sua entrata
in vigore.
La nuova legge, infatti,
scagliona in più termini
l'entrata in vigore delle
varie e complesse riforme
che, nell'insieme, non dovrebbero
essere operative
prima del 2011, vale a dire
all'inizio della legislatura
successiva a quella della
promulgazione della
legge.
La promulgazione, comunque,
non potrà avvenire
prima della prossima
legislatura, perché dopo la
pubblicazione della legge
approvata in Gazzetta Ufficiale
la Costituzione prevede
90 giorni di tempo
perché i cittadini contrari
indichino, con procedure
previste, un referendum
confermativo (dato che né
Camera né Senato in seconda
lettura l'hanno approvata
con la maggioranza
dei due terzi).
Con l'istituzione del Senato
federale della Repubblica,
quale Camera rappresentativa
degli interessi
del territorio e delle comunità
locali, arriva la fine del bicameralismo
perfetto.
Il nuovo Parlamento sarà composto dalla
Camera dei Deputati e dal Senato Federale
della Repubblica.
Salvo alcune materie, il
modello prevalente è quello
dei procedimenti monocamerali,
rispettivamente
di competenza della Camera
e del Senato Federale
sulla base delle materie
trattate.
In base a tale sistema, non
è più richiesta una doppia
approvazione di Camera e
Senato sullo stesso testo.
La Camera esamina le
leggi su materie riservate
allo Stato, il Senato leggi
che riguardano le materie
concorrenti, cioè quelle riservate
sia allo Stato che
alle Regioni. Il ramo del
Parlamento che non ha la
competenza diretta può
presentare proposte di modifica.
Sulla determinazione
dei livelli essenziali
delle prestazioni riguardanti
i diritti civili e sociali,
che devono essere garantiti
su tutto il territorio
nazionale, Camera e Senato
legiferano insieme.
Con la riforma viene attribuita
alle regioni la potestà
legislativa esclusivamente
su assistenza e organizzazione
sanitaria, organizzazione
scolastica, gestione degli
istituti scolastici e di
formazione, definizione
della parte dei programmi
scolastici e formativi
di interesse specifico
della regione, polizia
amministrativa e regionale.
Mentre tornano alla competenza
dello Stato le norme
generali in materia di
tutela della salute, sicurezza
del lavoro, le grandi reti
strategiche di trasporto e
navigazione, l'ordinamento
della comunicazione,
l'ordinamento delle professioni
intellettuali, l'ordinamento
sportivo nazionale,
la produzione strategica,
il trasporto e la distribuzione
nazionale di energia.
Facendo ricorso alla cosiddetta
clausola di interesse
nazionale il governo
può inoltre impugnare una
legge regionale ritenuta
lesiva dell'interesse nazionale:
invita la regione a
cancellarla e, in caso di risposta
negativa, sottopone
la legge regionale al Parlamento
in seduta comune
che ha 15 giorni di tempo
per annullarla. Lo Stato
può sostituirsi agli enti locali
anche nel caso di
mancato rispetto di norme
internazionali o di pericolo
grave.
Con il federalismo fiscale
vengono poi introdotti due
concetti chiave:
- vengono fissati dei limiti
per cui in nessun caso l'attribuzione
dell'autonomia
impositiva alle Regioni,
alle Province, alle città
metropolitane e ai Comuni
può determinare un incremento
della pressione fiscale
complessiva
- viene inserito il concetto
di sussidiarietà fiscale, ovvero
il cittadino, su alcune
spese come a esempio
quelle di mantenimento
dei figli, invece di pagare
le tasse per richiedere poi
il rimborso a livello regionale,
può detrarle direttamente
dalla dichiarazione
dei redditi.
Ci sembra dunque che attraverso
la riforma costituzionale
letta senza pregiudizio,
si sia contrariamente
a quanto falsamente
propagandato rafforzato il
concetto di unità nazionale,
restringendo il campo
autonomie regionali rispetto
alle modifiche costituzionali
attuale dal
centro-sinistra nel 2001 e
attraverso il premierato
forte e gli antiribaltoni,
dato un potere di irreversibilità
alle scelte del popolo
e del corpo elettorale di
scegliere il capo del Governo
e la sua maggioranza;
una lesione di lealtà,
purtroppo, non da tutti
condivisa.
Di Luisa Regimenti
Medico legale consulente presso il Tribunale di Roma