Convivenze matrimoni o Pacs?
Date: Wednesday, November 22 @ 18:15:59 CET
Topic: Articolo


L'evolversi del costume sociale crea la necessità di nuove regole.



Pur avendo già affrontato l'argomento, il recentissimo clamore sollevato dai provvedimenti “sui generis” adottati da alcuni Municipi romani e dalle manifestazioni pubbliche di sostegno alle idee dei pacs, costringe chi si occupa di diritto ad operare un approfondimento affinché “il grano venga separato dall'olio”.
La questione del “more uxorio” non è campo libero e neanche materia di elezione degli anticlericali convinti o di coloro i quali hanno scelto, da adulti, di vivere la loro personalità con persone del medesimo sesso.
La convivenza è necessità o scelta di ogni cittadino.
Una diversa regolamentazione dell'intero settore della famiglia si impone da troppi anni, visto l'evolvere del costume sociale.
Basti pensare al numero delle coppie che si creano, formate dai componenti di una ex-famiglia coniugale.
Per loro, forzati della convivenza, almeno fino alla maturazione dei tempi di legge, nulla è previsto come garanzie. Questo è semplicemente indegno di un paese un tempo, ormai troppo lontano, definito culla del diritto.
O ancora cosa dire dei figli di coloro che, per scelta culturale, hanno deciso di lasciare alla libera volontà, ogni giorno rinnovato, il loro accordo e si trovano nel momento della fine ad essere dei figli di serie B?
Probabilmente deve essere la riedizione di un vecchio brocardo, di sapore biblico: “lasciate che le colpe dei padri ricadano sui figli”. O infine cosa pensare degli art. 2 e 3 della Costituzione, e perché, se non si è d'accordo con il loro dettato, non avere il “coraggio politico” di fare del tutto per rimuoverli? Perché se non è chiaro a tutti, per chi si occupa di diritto quanto previsto dai Costituenti è sufficientemente chiaro.
L'individuo è tutelato anche in tutte le formazioni sociali nelle quali la sua personalità può trovare sviluppo e crescita.
E la “convivenza” non può essere considerata “altra cosa” da una formazione sociale.
Essa è luogo di vita privata, dove gli affetti sono quelli che ognuno degli esseri umani che la compongono ha scelto di avere.
Essa è già, o almeno dovrebbe esserlo, tutelata da norme di rango costituzionale.
Ed invece, ogni volta che si deve affrontare l'argomento della convivenza, la confusione e lo scontro ideologico avvelenano le menti e le dichiarazioni pubbliche.
L'avvocatura brilla per il suo “basso profilo” mentre sarebbero proprio questi i casi nei quali dare voce a tutte le “trombe”.
Chi ha fatto della “Giustizia” la propria professione non deve restare mai imprigionato da valutazioni slegate dal mondo dei propri simili.
Certo è evidente che la struttura dei Pacs è altra cosa, e vuol scimmiottare il matrimonio civile per consentirlo anche senza il limite della differenza di sesso. Ma questo è un problema ideologico - politico.
Ed è materia di altri tavoli di confronto e di scontro. Ben altro è riconoscere l'estensibilità di diritti e tutele all'individuo.
Sia esso il figlio di una coppia di fatto, sia esso l'adulto che consapevolmente abbia deciso di esplicare le proprie scelte personali in un modo diverso da quello degli eterosessuali.
Questo è il senso della proposta di legge che va a disciplinare la “convivenza familiare” che ancora oggi a distanza di oltre due anni affronta con lo spirito del diritto e non con quello del politico, un “problema sociale”.
A volte sembra che gli avvocati siano rimasti tra i pochissimi tutori della libertà dell'uomo, svincolati da tutti i condizionamenti culturali, religiosi ed anche politici.

Di Giorgio Vaccaro
Avvocato del foro di Roma







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