L'evolversi del costume sociale crea la necessità di nuove regole.
Pur avendo già affrontato
l'argomento,
il recentissimo clamore
sollevato dai provvedimenti
“sui generis” adottati
da alcuni Municipi romani
e dalle manifestazioni
pubbliche di sostegno
alle idee dei pacs, costringe
chi si occupa di diritto
ad operare un approfondimento
affinché “il grano
venga separato dall'olio”.
La questione del “more
uxorio” non è campo libero
e neanche materia di
elezione degli anticlericali
convinti o di coloro i quali
hanno scelto, da adulti, di
vivere la loro personalità
con persone del medesimo sesso.
La convivenza è necessità
o scelta di ogni cittadino.
Una diversa regolamentazione
dell'intero settore
della famiglia si impone
da troppi anni, visto l'evolvere
del costume sociale.
Basti pensare al numero
delle coppie che si creano,
formate dai componenti di
una ex-famiglia coniugale.
Per loro, forzati della convivenza,
almeno fino alla
maturazione dei tempi di
legge, nulla è previsto come
garanzie. Questo è
semplicemente indegno di
un paese un tempo, ormai
troppo lontano, definito
culla del diritto.
O ancora cosa dire dei figli
di coloro che, per scelta
culturale, hanno deciso
di lasciare alla libera volontà,
ogni giorno rinnovato,
il loro accordo e si trovano
nel momento della
fine ad essere dei figli di
serie B?
Probabilmente deve essere
la riedizione di un vecchio
brocardo, di sapore
biblico: “lasciate che le
colpe dei padri ricadano
sui figli”. O infine cosa
pensare degli art. 2 e 3 della
Costituzione, e
perché, se non si è d'accordo
con il loro dettato,
non avere il “coraggio politico”
di fare del tutto per
rimuoverli? Perché se non
è chiaro a tutti, per chi si
occupa di diritto quanto
previsto dai Costituenti è
sufficientemente chiaro.
L'individuo è tutelato anche
in tutte le formazioni
sociali nelle quali la sua
personalità può trovare
sviluppo e crescita.
E la “convivenza” non può
essere considerata “altra
cosa” da una formazione
sociale.
Essa è luogo di vita privata,
dove gli affetti sono
quelli che ognuno degli esseri
umani che la compongono
ha scelto di avere.
Essa è già, o almeno dovrebbe
esserlo, tutelata da
norme di rango costituzionale.
Ed invece, ogni volta
che si deve affrontare l'argomento
della convivenza,
la confusione e lo scontro
ideologico avvelenano le
menti e le dichiarazioni
pubbliche.
L'avvocatura brilla per il
suo “basso profilo” mentre
sarebbero proprio questi i
casi nei quali dare voce a
tutte le “trombe”.
Chi ha fatto della “Giustizia”
la propria professione
non deve restare mai imprigionato
da valutazioni
slegate dal mondo dei propri
simili.
Certo è evidente che la
struttura dei Pacs è altra
cosa, e vuol scimmiottare
il matrimonio civile per
consentirlo anche senza il
limite della differenza di
sesso. Ma questo è un problema
ideologico - politico.
Ed è materia di altri tavoli
di confronto e di
scontro. Ben altro è riconoscere
l'estensibilità di
diritti e tutele all'individuo.
Sia esso il figlio di
una coppia di fatto, sia esso
l'adulto che consapevolmente
abbia deciso di
esplicare le proprie scelte
personali in un modo diverso
da quello degli eterosessuali.
Questo è il senso della
proposta di legge che va a
disciplinare la “convivenza
familiare” che ancora oggi
a distanza di oltre due anni
affronta con lo spirito del
diritto e non con quello del
politico, un “problema sociale”.
A volte sembra che gli avvocati
siano rimasti tra i
pochissimi tutori della libertà
dell'uomo, svincolati
da tutti i condizionamenti
culturali, religiosi ed anche
politici.
Di Giorgio Vaccaro
Avvocato del foro di Roma