La persecuzione dell'Antitrust
Date: Wednesday, January 03 @ 17:28:53 CET
Topic: Articolo


Criticato il ruolo degli Ordini che dovrebbero preoccuparsi solo di formazione e di vigilanza dei comportamenti degli iscritti.



Negli ultimi tempi l'Antitrust ha formalizzato nei confronti della nostra categoria un vero e proprio “j’accuse”.
Alcuni autorevoli giomalisti hanno definito la presa di posizione dell'Autorità Garante un attacco diretto agli avvocati senza precedenti.
L'Antitrust, per voce del suo Presidente, ha affermato che mentre le altre professioni, pur interessate dalle medesime restrizioni normative, si sono dichiarate disponibili a cambiare condotta e codici, viceversa gli avvocati «continuano a mostrarsi restii in merito all'applicabilità delle regole di concorrenza alla loro professione sia in tema di prezzo delle prestazioni che di promozione delle stesse».
L'Autorità, nella relazione che ha pubblicato sulle professioni, ha altresì accusato la categoria forense di non aver superato il test di proporzionalità per misurare la rispondenza delle singole norme restrittive agli interessi pubblici che, secondo i professionisti, giustificherebbero queste limitazioni più di frequente.
E stato criticato il ruolo degli Ordini, in quanto per l'Autorità essi dovrebbero limitarsi a promuovere la formazione e a vigilare sulla correttezza dei comportamenti degli iscritti.
Viceversa, l'Autorità ritiene che debba essere contrastata la tendenza di far ricadere sul codice deontologico aspetti che regolano l'esercizio della professione e che non hanno nulla a che fare con fattispecie di ordine etico. Su questo l'Autorità ha contestato l'anticoncorrenzialità delle regole deontologiche forensi riguardo la pubblicità e il cosiddetto accaparramento di clientela.
Sulle tariffe, poi, l'Autorità ha "bacchettato" il Consiglio Nazionale Forense accusandolo di aver tenuto una posizione di chiusura riguardo la necessità di consentire al cliente di poter negoziare la qualità della prestazione al fine di ottenere un prezzo più basso. Su questo punto, l'Autorità ha attaccato la ratio dei prezzi minimi inderogabili non ritenendola una tutela di interessi della collettività.
Insomma, una vera e propria requisitoria aspra e durissima contro la nostra categoria che dovrebbe portare gli avvocati italiani ad unirsi in un'unica voce per replicare a siffatto quadro assolutamente distorto che si mostra alla collettività.
Va detto che la relazione dell'Antitrust, anzitutto, si basa su un erronea valutazione di base e su prospettive del tutto miopi ed illogiche.
L'Autorità non tiene conto della specificità della professione forense e dimentica quelli che sono i punti cardine del codice deontologico vigente che forse ha bisogno di essere modernizzato ma, di fatto, è un baluardo della garanzia di qualità della nostra professione. Un'altra circostanza che non risponde a verità è l'accusa che viene fatta agli avvocati di non avere disponibilità di dialogo: il CNF ha messo a disposizione dell'Autorità numerosissimi documenti ed il Presidente Alpa, più di una volta, ha dichiarato che è pronto ad affrontare un tavolo di discussione con l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, anche per comunicare le importanti modifiche, ormai prossime, del nostro codice deontologico.
Per quanto riguarda, poi, l'argomento relativo alla specificità, vi sono le due direttive di libera prestazione di servizio e di stabilimento che chiariscono esattamente la fattispecie, così come per quello che riguarda le tariffe, va ricordato, una volta per tutte, che la Corte di Giustizia, dopo accuratissimi esami, le ha promosse e le ha ritenute idonee e corrette.
L'Antitrust, dimentica che esiste una palese connessione tra qualità e tariffe minime, e che, forse, l'eliminazione dei minimi potrebbe poi diventare un errore imperdonabile che toglierebbe un marchio di garanzia e di controllo per tutta la categoria.
Su questo, e su altri punti riguardo le tariffe, vi sono stati degli elementi che sono oggi oggetto di attenzione della Corte UE le cui sentenze forse faranno definitivamente luce sui punti ancora da chiarire e che l'Antitrust ha frettolosamente criticato e condannato.
Sulla questione della concorrenza, l'Antitrust poi, è incorsa in un errore marchiano.
Il nostro codice deontologico non è espressione di un'associazione tra privati e la stessa Cassazione ne ha riconosciuto il valore normativo.
E’ indubbio che dei ritocchi che riconducano determinati articoli ad una attualizzazione della società moderna, sono necessari, ma alcune posizioni dell'Antitrust su questo argomento sembrano frutto di un'acrimonia non giustificabile.
In conclusione si rende necessaria una replica istituzionale a questo violento attacco alla nostra categoria basato su una relazione che nasce da considerazioni erronee e che ha dato origine ad una campagna stampa estremamente negativa per gli avvocati italiani alla quale, ci ripetiamo, è fondamentale rispondere.
Auspichiamo che nasca presto un tavolo di confronto fra l'Avvocatura e l'Autorità Garante la quale non può "minacciare" ipotesi di disapplicazione di norme "domestiche" cosa, peraltro, non in suo potere poiché lo stesso riguarda il settore delle imprese e non quello delle professioni.

Di Antonio Conte
Segretario del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma





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