Un servizio ai cittadini da migliorare.
Ho fatto un sogno...
L'Ufficio
del Giudice di
Pace era stato riformato
in funzione di una razionalizzazione
che prima
sembrava assai lontana
dal realizzarsi. Esso che
originariamente era presente
in ogni circoscrizione
corrispondente all'ex
mandamento, comprendente
un più o meno
cospicuo gruppo di Comuni,
aveva subito una
radicale metamorfosi.
La specifica analisi della
congruità della ripartizione
territoriale, delle
strutture, degli organici e
dei costi con riferimento
ai singoli bacini di utenza
ed alla quantità e tipologia
degli affari, condotta
dagli organi ministeriali
competenti, aveva
fatto raggiungere il
cambiamento, tanto auspicato.
Così, in primis, i locali,
in precedenza insufficienti
e, talora, ridondanti,
erano stati ridimensionati
ad una o più (a seconda
del numero di giudici)
sala di udienza,
un'ampia anticamera alla
stessa, una stanza destinata
a camera di consiglio,
una per gli avvocati
e un vano per fare stazionare
i testimoni in attesa
di deposizione. Ma
non altri ambienti, non
erano essenziali, in
quanto ci si tratteneva
nello stabile per il tempo
strettamente necessario
allo svolgimento dell'udienza.
Il personale giudiziario
faceva rientro nell'Ufficio
del Giudice di Pace
centralizzato, nel Palazzo
di Giustizia sede del
locale Tribunale. Ogni
adempimento di Cancelleria
successivo all'udienza
veniva poi svolto
in quella centrale dove
c'erano i registri, il materiale
e quanto necessario
per l'attuazione efficiente
dell'attività amministrativa.
Ogni unità di personale
impegnato nell'udienza
era munito di un telefono
cellulare di tipo aziendale
i cui costi hanno scarsa
incidenza nel budget,
venendo ridotti al minimo
(in rapporto alla
grandezza dell'azienda) o
del tutto annullati.
La riforma aveva vinto
le ritrosie e i condizionamenti
dei politici.
I rappresentanti del popolo
nelle diverse sedi
assembleari nazionali o
locali erano contenti come
una pasqua perché,
comunque, la località
che rappresentavano e
che rientrava nel loro
collegio elettorale, non
era stata privata di quella
dignità e di quella tradizione
che vantava da secoli,
anzi, conservava la
stessa importanza. che la
presenza di un Giudice
nel territorio può dare.
L'avvocatura parimenti
era strabeata.
Nella sede centrale del
Giudice di Pace, poteva
compiere ogni occorren-
te attività, senza più bisogno
di correre da un
capo all'altro del circondario,
dovendosi
recare in loco solo per
l'udienza. Con la riforma
era diminuito sensibilmente
il numero dei Giudici
di pace-coordinatori.
Adesso vi era, per ciascun
circondario, un solo
giudice di pace-coordinatore
ed era quello della
sede centrale.
Antecedentemente ve
n'era uno per ciascun Ufficio
e, a seconda del numero
dei giudici assegnati
allo stesso, percepiva
una indennità mensile
per la sola funzione
di coordinamento.
E poi, anche, se era stato
previsto un tetto massimo
(nella misura di
72.000,00) per la retribuzione
annua, tuttavia, era
apparso chiaro, ai riformatori,
che il tempo dedicato
dal giudice-coordinatore
a questa specifica
funzione era sottratto
a quello da destinare all'emissione
dei provvedimenti
che l'utenza attendeva,
e per questo fecero
il logico mutamento.
La categoria forense,
non si spiegava, in precedenza,
il perché, in
un'era di comunicazioni
telematiche, di innovazioni
rivoluzionarie e di
collegamenti aerei, terrestri
e marittimi ultra efficienti
e capillari (essendo
già da un pezzo, tramontato
l'uso del calesse
e/o della carrozza), per
cui, da molto tempo ormai,
a chiunque era possibile
di potersi muovere
agevolmente e rapidamente
tra i diversi paesi
(anche quelli sulle montagne
sperdute, ma di
questi ne erano rimasti
molto pochi, ad onor del
vero) e città, non si spiemente
modificato ed era
diventato ottimale a fronte
di un servizio nettamente
migliorato qualitativamente,
anche per le
decisioni dei singoli giudici
(in precedenza notoriamente
carente, come
la percentuale di impugnazioni
dei provvedimenti
emessi, aveva dimostrato).
Dalla gioia non stavo più
nel pigiama.
Ma, ddddrriiiiiiiiinnnnnn,
la sveglia delle ore 7,00
ha suonato, riportandomi
alla realtà. Era finita la
visione onirica.
Di Alfredo Rovere
Dirigente del Ministero della Giustizia