La formazione degli avvocati
è il punto di incontro
e di scontro
nella categoria forense che
caratterizza anche la campagna
elettorale per il rinnovo
delle cariche in seno all’Ordine
degli Avvocati di Roma.
La formazione degli avvocati
è il punto di incontro
e di scontro
nella categoria forense che
caratterizza anche la campagna
elettorale per il rinnovo
delle cariche in seno all’Ordine
degli Avvocati di Roma.
Da quando i crediti di
formazione sono diventati
obbligatori, è iniziata una
grande bagarre tra coloro
che ne sono promotori e chi
al contrario pensa che siano
assolutamente inutili.
Il nocciolo della questione
sta tutto nello stabilire cosa
si intenda per aggiornamento
professionale, laddove il
Consiglio Nazionale Forense
(CNF N.25-C/2007) enumera
una serie di attività che
possono rientrare a diverso
titolo in questo ambito, e nel
capire fino a che punto questo
tipo di formazione (spesso
a pagamento) sia solo un
modo in più per rimpinguare
le casse degli istituti che sono
promotori dei corsi di aggiornamento.
La prima questio ha dell’inverosimile:
all’art. 2, comma
3 del regolamento del CNF è
scritto che “ogni iscritto deve
conseguire nel triennio
almeno n.90 crediti formativi,
che sono attribuiti secondo
i criteri indicati nei successivi
artt. 3 e 4, di cui almeno
n.20 crediti formativi
devono essere conseguiti in
ogni singolo anno formativo”.
Il CNF si occupa dunque
di dare le linee guida in
materia di formazione e di
verificare che ogni singolo
Consiglio dell’Ordine predisponga
queste attività seguendo
i criteri dettati. Allo
stesso tempo (e qui il paradosso)
sempre il Cnf è chiamato
a giudicare più o meno
idonee le attestazioni dei
crediti provenienti dai singoli
professionisti. C’è chi parla
apertamente di un conflitto
di interessi che non fa tornare
i conti: come può lo
stesso ente dare le direttive e
allo stesso tempo essere giudice
del loro rispetto? Un residuo
di legislazione fascista
o un regolamento che non
reggerebbe la prova di una
impugnativa al Tar?
Secondo l’Avv. Rodolfo
Murra semplicemente un regolamento
da disapplicarsi
in quanto egli ritiene che
“non vi sia bisogno di impugnare
un atto di fonte secondaria
in assenza di una norma
di legge che ne autorizzi
l’emanazione”. Egli suggerisce
di attendere la prima
sanzione disciplinare per
chiedere “al giudice di disapplicare
il regolamento
stesso”. Diversa la posizione
sul punto del Avv. Stefano
Galeani che ha inviato un
mail a tutti i colleghi ricordando
che “la formazione
continua è stabilita da una
legge dello Stato”.
Seconda questio: tutto ha un
costo e sembra proprio che
anche la formazione ne abbia
uno. Legittimo, certamente,
ma fino a che punto?
Ufficialmente la possibilità
di acquisire i crediti è garantita
a tutti attraverso corsi a
titolo gratuito. Scorrendo
però lungo il piano provvisorio
dell’offerta formativa
del 2008 dell’Ordine degli
Avvocati di Roma (vedi tabella
pubblicata) questa gratuità
non è poi cosi reale. Infatti
per raggiungere i venti
crediti annuali obbligatori è
necessario partecipare ad almeno
uno dei corsi a pagamento.
Su venti proposte
formative, solo otto sono
quelle a titolo gratuito.
Guarda caso quelle la cui
frequentazione consente di
avere il minor numero di
crediti, se confrontate con le
restanti onerose. E la matematica
nella sua razionalità,
in questo caso può illuminare
più di tante parole.
Di Maria Serra