Il silenzio degli innocenti
Date: Monday, August 11 @ 18:41:27 CEST
Topic: Editoriali


L'avvocato Reboa analizza e commenta il caso di Rignano Flaminio

Scrivo questo articolo quale cittadino e giornalista, senza conoscere carte processuali diverse da quelle pubblicate su tutti i principali quotidiani: non è mio stile operare così su questa rivista, ma, se a Porta a Porta viene concesso il diritto di parola ad avvocati e psicologi telegenici estranei ai processi mediatici, non ritengo sarebbe giusto autolimitarsi in un caso che ha marcati riflessi generali, avendo comunque la competenza della materia.
I media hanno dedicato ampio spazio al caso di Rignano Flaminio, che ha visto alcune insegnanti di scuole materne e/o elementari arrestate per presunti abusi sessuali sui loro alunni.
L’impianto accusatorio era palesemente fantasioso, ma un G.I.P. ha ritenuto di sottoscrivere gli ordini di custodia cautelare e questo dovrebbe significare che, talvolta, la realtà supera l’immaginazione. Poi, però, il Tribunale per il Riesame ha disposto la scarcerazione delle indagate, smontando sostanzialmente le indagini.
Il buon senso porta ad essere innocentisti in un caso similare e, quindi, a livello popolare si è percepito che alla fine la giustizia riesce a trionfare, malgrado vi siano degli ingranaggi che possono stritolare ingiustamente degli innocenti, sottoponendoli alla gogna mediatica, alla prigione ed al pagamento di rilevanti oneri di difesa solo perché chi fa scattare con troppa facilità delle manette non paga nemmeno in termini disciplinari o di progressione di carriera i propri errori.
E’ la potenza dei PM e non solo perché il termine identifica anche un capoluogo di provincia che è divenuto territorialmente competente per i reati commessi da tutti i vip d’Italia.
Considerato che il proliferare di indagini importanti in quel capoluogo porta lavoro, oltre che a tanti avvocati locali, anche ad alberghi, ristoranti e servizi turistici vari, sicuramente le iniziative di quel PM possono essere qualificate come un indotto del quale la provincia e, forse, l’intera regione non potranno più fare a meno: non dovremmo quindi stupirci se leggessimo un’inserzione pubblicitaria che invita tutti gli spioni e delatori d’Italia a recarsi a Potenza a denunciare reati clamorosi.
Tornando al caso di Rignano Flaminio, certo è che la bagarre tra accusa e difesa ha una vittima inevitabile: i bambini.
In questo caso sono difensivista, non lo nascondo, e non solo per la decisione del Tribunale per il Riesame, ma perché, in un’accusa priva di logica secondo l’id quod plerumque accidit, gli elementi indiziari letti sui giornali non possono che portare ad un giudizio antitetico a quello dei Magistrati di Tivoli.
Tale drastico giudizio porta inevitabilmente ad identificare i genitori denuncianti come i primi colpevoli di tutto ciò che è successo: una simile risposta può anche avere in sé dei contenuti di verità, ma è sicuramente semplicistica e superficiale.
Quando vi sono di mezzo i bambini, la partigianeria da stadio è vietata.
Analizziamo allora il caso sulla base degli unici due dati certi che il ruolo di spettatori ci consente di avere: il primo è che vi è un numero abbastanza elevato di genitori che ha registrato dei comportamenti nei bambini che li hanno indotti ad ipotizzare degli abusi in danno dei figli da parte delle insegnanti ed il secondo è che non esistono elementi validi a sostenere l’accusa contro le maestre.
Poiché sarebbe follia pensare ad una congiura dei genitori contro le maestre, bisogna tentare di capire quale sia il meccanismo psicologico che ha trasformato dei genitori in un comitato di accusa che nomina un proprio rappresentante ed i cui singoli componenti non esitano a sottoporre i propri figli a perizie, interrogatori e riprese pur di sostenere la propria tesi.
Appare chiaro che si tratta di una psicosi collettiva nella quale una o due menti leader hanno preso la guida di quello che, nei fenomeni di violenza giovanile, viene usualmente definito come il “branco”.
E’ una psicosi di origine sociale, nella quale i genitori, presi dai loro molteplici impegni tipici della società attuale, hanno più o meno inconsapevolmente abdicato il loro ruolo in favore degli insegnanti e, in una sorta di trasfert, identificato ogni rimprovero o semplice critica al figlio come un attacco personale.
Il figlio, solo perché è nato in una società ove la usuale scelta di posticipare il momento in cui dedicarsi alla procreazione è causa di sterilità collettiva, è un successo solo per il fatto di essere nato. Egli è il perfetto , deve avere soddisfatto ogni suo desiderio e nessuno può metterlo in discussione. Essendo il perfetto , non deve rovinare la vita ai genitori, costringendoli a rinunce o a nuovi impegni per educarlo e guidarlo: quindi il bambino passerà la maggior parte del suo tempo a scuola e quello sarà il suo parcheggio, piuttosto che il luogo ove ricevere quelle nozioni culturali ed integrative della educazione che dovrebbero dargli i genitori.
Dopo la scuola la palestra o la danza o qualche altra attività e, poi, a casa, la televisione, utile a stimolare la sua immaginazione di bambino pieno di ogni attività e privo di reale affetto salvo che nella scuola, ove la maggior parte degli insegnanti ama il proprio lavoro e, con esso, i propri alunni.
E’ evidente che, se i bambini identificano nella maestra la figura materna, verso quest’ultima si rivolge il freudiano complesso di Edipo: ma tale identificazione avrà anche quale conseguenza un odio profondo, ma non dichiarato neanche a se stessa, della madre naturale che si vede così psicologicamente derubata del figlio da parte dell’insegnante.
Così, con una televisione che sforna sessualità ad ogni ora, il genitore ha creato per sé un nuovo complesso di Edipo, che ha quali protagonisti l’insegnante e il bambino, il quale ultimo dovrebbe parlarne ad un Giudice, per trasformare l’immaginario del genitore in realtà…

Romolo Reboa





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