Concussione e corruzione
Date: Tuesday, October 21 @ 16:35:24 CEST
Topic: Articolo


Per distinguere non altro che il Metus



Con la sentenza che qui brevemente si annota (la n. 28736 del 10 Luglio 2008), la Sesta Sezione del Supremo Collegio – aderendo all’orientamento giurisprudenziale maggioritario – ha chiarito espressamente (e si spera anche definitivamente) quale sia l’esatto discrimine fra il delitto di corruzione ed il più grave delitto di concussione.
La Corte ha infatti stabilito che l’elemento distintivo tra le due figure criminose attiene esclusivamente la posizione psicologica del privato di fronte al pubblico ufficiale.
In particolare, se tale posizione risulta viziata da “vis compulsiva” a causa di una prevaricazione del P.U. si avrà concussione, laddove – invece – tale volontà prevaricatrice manchi o comunque non sia determinante ci si troverà in presenza della meno grave fattispecie criminosa della corruzione. In altri termini, se nella corruzione il rapporto tra le volontà dei soggetti risulta essere paritario ed implica la libera convergenza delle stesse verso un comune obiettivo illecito ai danni della P.A., viceversa, nella concussione, il pubblico agente esprime una volontà costrittiva o induttiva, idonea a condizionare il libero esplicarsi di quella del privato, il quale, per evitare maggiori pregiudizi, non ha altra plausibile scelta che sottostare alla ingiuste pretese del primo.
Nella concussione, in sostanza, al contrario della corruzione, vi sarebbe il cd. metus publicae potestatis in cui versa il privato, determinato, coartato o indotto alla promessa o alla dazione illecita per il timore di evitare un pregiudizio.
Ciò premesso è quindi utile chiedersi se, per aversi concussione, sia richiesto anche che lo stato di soggezione del soggetto passivo debba superare una certa soglia, al di sopra della quale la condotta del P.U. possa ritenersi certamente riconducibile ad un’attività concussoria.
Ebbene, sul punto, di grande rilevanza è un’esaustiva, seppur risalente, pronuncia del Supremo Collegio nella quale è stato chiarito che lo stato di soggezione non deve necessariamente concretarsi in un’eliminazione totale della volontà, essendo sufficiente che questa sia comunque condizionata dal metus publicae potestatis (Cass. pen., 11/04/95).
Pertanto, ai fini della configurabilità della concussione, sarà sufficiente e necessario che la condotta del pubblico ufficiale abbia ingenerato nel privato uno stato di “generica soggezione psicologica” idonea ad impedirgli di determinarsi liberamente, a prescindere quindi dalla concreta intensità del metus (Cass. pen., 22/12/97).
Con la pronuncia in commento sembrerebbero perciò oramai superati i precedenti orientamenti dottrinali che tendevano ad identificare nell’iniziativa il discrimine fra corruzione e concussione. Del pari, secondo le motivazioni sviluppate nella sentenza in esame, non assumerebbe rilevanza pregnante neanche il carattere del vantaggio perseguito dal privato. Secondo il Supremo Collegio, infatti, “il discrimine tra concussione o corruzione non può essere rinvenuto neanche in base al criterio del vantaggio giusto o ingiusto, cui il privato tende” . Il ricorso a tale criterio avrebbe infatti solo valore indiziario e non di essenza.
In tale prospettiva si registrerebbe quindi un superamento anche di quella tesi – sostenuta per la verità da una giurisprudenza alquanto risalente – secondo cui, se, nella corruzione, il privato cerca di realizzare un vantaggio ingiusto, al contrario, nella concussione, cerca solamente di evitare un danno (Cass. pen. 05/02/96).
La sentenza si segnala infine anche per le argomentazioni sostenute in merito alla distinzione fra il reato di concussione e quello di truffa aggravata.
Per la Corte – infatti - il reato di concussione e quello di truffa aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale si distinguerebbero in base alle modalità delle azioni poste in essere dall'agente.
Pertanto si avrà concussione quando l'abuso della qualità assuma preminente incidenza prevaricatrice, tale da costringere il soggetto passivo dell'ingiusta prestazione, che egli sa non dovuta, mentre si configurerà la truffa allorquando la qualità di P.U. concorra in via accessoria alla determinazione della volontà del soggetto passivo, il quale viene convinto ad offrire una prestazione che egli crede invece dovuta.

Francesco Salamone







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