Re Lear
Dopo quattro secoli, Re Lear tiene ancora banco, forse perché ci somiglia. Ci riconosciamo nella
sua esigenza di porre una domanda solo per il piacere di sentire la risposta che vogliamo, sganciata da ogni pretesa di verità.
Ci risulta più facile amare chi ci lusinga e ci irretisce con parole vuote, buone soloa fare eco alla nostra vanità. Il vecchio re, spinto dalla paura della morte che sente avvicinarsi, chiede alle
sue tre figlie quanto lo amino, per decidere, in base alla loro risposta, l'entità del potere che si spartiranno.
Le prime due lo lusingano falsamente e vengono premiate, mentre la più giovane, che risponde con sincerità, con parole semplici dettate dall'amore
naturale che prova per il padre, viene diseredata e allontanata. Il suo destino si intreccia narrativamente a quello di un altro figlio
corretto e onesto, che il fratellastro, con l'inganno, riesce a far bandire dalla corte del padre. In una notte di tempesta il vecchio
re si troverà scacciato dalle figlie che non hanno più bisogno di lui, e circondato dalla furia del vento e della pioggia, con
accanto soltanto il suo unico servo fedele e il matto di corte, capirà di aver sbagliato tutto.
Lontano dagli adulatori, dai cortigiani falsamente remissivi, con il coraggio dell'ascolto delle parole di un matto che vede la
profondità delle cose e dell'unico amico vero si può trovare la fiducia nel futuro, meno accattivante ma autentico.
Clotilde Spadafora