Fatiche forensi
Date: Monday, December 27 @ 17:00:58 CET
Topic: Articolo


Fatiche forensi

Il giorno in cui al corso per difensore d’ufficio, organizzato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, l’avvocato Nino Marazzita irruppe dicendo: «All’università privata svizzera, dove insegno diritto penale, ci sono trentadue studenti e per insegnare loro come si affronta un processo, simuliamo ogni volta di essere in udienza dinanzi ad un tribunale, utilizzando per questo mezzi audiovisivi di ogni tipo», per un momento (durato circa quanto l’intera lezione), ho desiderato essere svizzera.



Fatiche forensi

Il giorno in cui al corso per difensore d’ufficio, organizzato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, l’avvocato Nino Marazzita irruppe dicendo: «All’università privata svizzera, dove insegno diritto penale, ci sono trentadue studenti e per insegnare loro come si affronta un processo, simuliamo ogni volta di essere in udienza dinanzi ad un tribunale, utilizzando per questo mezzi audiovisivi di ogni tipo», per un momento (durato circa quanto l’intera lezione), ho desiderato essere svizzera.
Da noi, invece, le lezioni per diventare difensore d’ufficio si tengono al palazzo della Corte di Cassazione.
Gli iscritti sono millecento e stanno stipati tra l’Aula Avvocati, che in tutto, tra platea e tribune, potrà accogliere sì e no trecento persone, e il corridoio prospiciente la stessa aula, che ha più o meno la stessa capienza.
Gli altri, quelli che non riescono a trovare una sedia, si arrangiano come possono: in piedi, seduti sulle scale o anche sdraiati per terra; mentre i relatori, durante ogni lezione, non mancano mai di fare appello al dovere di tenere alto il decoro della nostra professione.
Fortuna che, come accade spesso in questa e analoghe situazioni (ne sa qualcosa chi si è fatto le ossa in quella curva da stadio che era l’aula 1 di Giurisprudenza, a La Sapienza), il tempo aggiusta un po’ le cose.
Infatti, nel corso delle ultime lezioni, quasi tutti hanno trovato un posto a sedere (sulle sedie, intendo. Scusate la precisazione).
Gli organizzatori dicono che ciò accade perché si sono dati da fare a trovare qualche centinaio di sedie in più. I maligni sostengono, invece, che è perché molti iscritti, vista l’aria, hanno già desistito.
Hanno ragione entrambi.
La polemica può essere liquidata con una lapalissiana osservazione: si poteva evitare di dare un’immagine di così precaria capacità organizzativa, facendo una stima preventiva della capienza del sito prescelto e consentire le iscrizioni ad un numero chiuso di candidati, pari a quello dei posti confortevolmente fruibili. Oppure, una volta eletta la via più democratica del libero accesso, si doveva necessariamente porre tutti in condizioni di seguire il corso in maniera decorosa e questo, fin dalla prima lezione, non in corso d’opera o confidando in una progressiva selezione naturale degli aspiranti difensori d’ufficio.
Tuttavia, al di là di quella che può sembrare una polemichetta piccola, piccola sul numero dei posti a sedere, la considerazione che meno ci conforta è che un corso così concepito, non appare assolutamente idoneo a licenziare futuri difensori d’ufficio.
Le lezioni che si tengono sono interessantissime.
L’entusiasmo degli organizzatori testimonia tutto il loro impegno e, in molti casi, una passione autentica per questa professione, che è assolutamente lodevole.
I relatori sono stati scelti tra il fior fiore del mondo forense romano. Eppure, nessuno degli appuntamenti che si sono svolti finora ha avuto un’impostazione dinamica, dialettica e pratica.
Tutte lezioni a carattere prettamente teorico, uguali a tante altre ascoltate all’università o alla scuola forense o in qualunque altro corso di abilitazione.
Ora, fermo restando che repetita iuvant, resta il fatto che di cosa significhi affrontare un processo come difensore d’ufficio, finora in quell’aula non si è avuta la più pallida idea.
Durante la cerimonia di presentazione, l’estate passata, è stato annunciato che il corso prevede anche la partecipazione ad alcune udienze penali vere.
Ma non si è capito ancora con quali modalità. Visto l’elevato numero d’iscritti, sarà difficile condurli tutti, anche se suddivisi in gruppi, per le aule giudiziarie.
Allora mi tornano in mente le parole dell’avvocato Marazzita, le sue lezioni svizzere, i processi simulati in videoconferenza.
Che non siamo svizzeri, da quanto scritto sopra, si è capito. Che siamo italiani, da come organizziamo gli eventi, appare altrettanto chiaro. Che rispetto alla più vasta progenie italica, non discendiamo propriamente dal ramo celtico, ma da quello esposto un po’ più a sud, greco-latino... arabo. Insomma, ci siamo capiti! Se di quelle belle lezioncine svizzere, si potesse rimediare qualche videocassetta? Magari, haum ...haum!

Di Raffaella De Angelis
Avvocato del Foro di Roma







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