Il principio della biogenitorialità
Date: Thursday, November 26 @ 18:33:32 CET
Topic: Articolo


Affido condiviso: nuove regole

In attesa di essere discusso e votato dal Parlamento è stato presentato in Senato il progetto di legge con cui un fronte trasversale di senatori, sorretto da un ampio movimento di pensiero, intende modificare, a tre anni dalla sua introduzione, la legge 8 febbraio 2006, n. 54. Si tratta della famosa legge sull’affido condiviso che avrebbe dovuto introdurre una sorta di rivoluzione copernicana nei criteri di definizione dei rapporti tra figli e genitori separati, segnando il passaggio da un regime in cui l’affido monogenitoriale rappresentava la regola e quello condiviso o congiunto l’eccezione, ad un nuovo regime in cui tale gerarchia veniva sovvertita. La portata del cambiamento era tale da lasciar prevedere un periodo di rodaggio o di transizione necessario a far metabolizzare alle curie un diverso e certamente più impegnativo modo di definire le controversie in materia di minori. Il principio che si è voluto affermare a dispetto della conflittualità che caratterizza naturalmente ogni crisi coniugale, è il principio della bigenitorialità, imposto e applicato con sempre maggior vigore e incisività in altri ordinamenti, a partire dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989, e formalmente recepita in Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176. Il diritto del minore a conservare un equilibrato rapporto con entrambi i genitori, deve prevalere sulle considerazioni legate alla conflittualità dei genitori e alle conseguenti difficoltà operative che presenta l’esercizio congiunto della potestà sui minori.
Chiaro infatti che dovendo regolamentare gli ambiti decisionali di entrambi i genitori, i giudici sono chiamati ad un lavoro supplementare, devono entrare nello specifico di ogni diverso aspetto dell’esercizio della potestà genitoriale, possibilmente garantendo un equilibrio confacente agli interessi del minore.
Senonchè afferma la relazione introduttiva del progetto di legge, nei tre anni di applicazione, la legge 54/06 non ha dato una bella prova di se; sono state individuate disfunzioni applicative da parte dei giudici che hanno continuato a privilegiare il vecchio sistema dell’affido monogenitoriale; in particolare si evidenzia nella relazione, la mancanza, in alcuni fondamentali passaggi della legge, di una diretta ed inequivoca prescrittività delle norme, di modo che è stato possibile eludere la norma attraverso l’astratto riconoscimento della bigenitorialità da una parte e l’esercizio esclusivo della potestà spettante al genitore convivente dall’altra. La c.d. collocazione esclusiva del minore presso la residenza di uno dei due genitori diventa il grimaldello per scardinare l’affido condiviso.
Pertanto il progetto di modifica mira a imporre per legge un nuovo assetto, in cui solo e unicamente la pericolosità o l’inidoneità di uno dei genitori, per gravi motivi, può impedire al padre o alla madre di occuparsi del figlio, di allevarlo, di educarlo, di contribuire alle scelte fondamentali, istruzione, cure, vacanze, in una parola a esercitare la potestà genitoriale.
A tal fine si intende intervenire in primo luogo privilegiando il mantenimento diretto da parte dei genitori anziché il sistema dell’assegno di mantenimento versato da uno solo in favore dell’altro genitore con esonero da ogni altra cura e adempimento. Da qui l’introduzione del sistema della residenza alternata o doppio domicilio che consente al singolo genitore di non limitare la prestazione di assistenza al solo mantenimento materiale, ma di estenderla alla cura ed educazione del minore.
Si vuole introdurre, inoltre, la mediazione familiare come passaggio preliminare informativo obbligatorio, e come supporto per comporre le liti. Infine viene evidenziata, in funzione censoria, la figura del genitore che utilizza il clima conflittuale connaturato alla crisi coniugale per allontanare i figli dall’altro coniuge, o che non fa nulla per favorire il recupero o il mantenimento del rapporto con l’altro genitore. Alla luce dei problemi che ciò comporta per l’equilibrata crescita del minore, un malessere indotto che va sotto il nome di Sindrome di alienazione genitoriale, si vuole sanzionare una tale tipo di condotta attraverso il principale rimedio del togliere potere al genitore condizionante, negandogli l’esercizio della potestà.

Carmen Langellotto






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