La condizione dei malati psichici in Italia
Dopo l’aggressione
che ha mandato in
frantumi il volto del
Presidente del Consiglio,
Silvio Berlusconi, il mondo
politico italiano non ha perso
occasione per puntare
patologicamente lo sguardo
sempre e solo su se stesso,
anziché rivolgere la propria
attenzione ai reali problemi
dei cittadini. Sicché, dopo
gli inviti ad “abbassare i toni”
del contrasto istituzionale,
additati come “ideali
mandanti” di quanto accaduto,
c’è stata la solita patetica
gara a chi li alzava di
più. Ciò, senza che a nessun
parlamentare sia venuta in
mente una delle poche domande
che avesse senso
porsi di fronte ad un episodio
del genere, vale a adire:
quale sia la condizione attuale
dei malati psichici in
Italia. A trent’anni dall’entrata
in vigore della Legge
Basaglia (L. 180/78), che
ha abolito i manicomi nel
nostro Paese, i pazienti psichiatrici
vengono ora assistiti
presso strutture territoriali,
dove si recano solo per
ricevere le cure, poi tornano
nel loro ambiente di origine,
nel guscio che li protegge.
Per i più “fortunati”,
questo guscio è di solito
rappresentato dalla famiglia,
estrema barriera tra la
fragilità del loro mondo interiore
e quello esterno, sofferto
come il nemico da cui
difendersi. Il dramma nel
dramma, però, è per chi una
famiglia non ce l’ha. Per
questi non resta altro che
una vita ai margini di tutto.
Allora la persona mentalmente
fragile diventa uno
dei tanti barboni in cui ci
capita di inciampare per
strada. Tuttavia il Prof.
Franco Basaglia, padre della
legge 180/78, sosteneva
che la pazzia alberga un po’
in ognuno di noi e che il
confine tra normalità e follia
è estremamente labile.
Di questo è esempio lampante
quanto accaduto all’On.
le Berlusconi. Dopo
aver dibattuto per anni sul
tema se sia Berlusconi che è
sceso in politica per sfuggire
alla magistratura, o sia la
magistratura che vuole distruggere
Berlusconi per
impedirgli di fare politica,
siamo stati messi di fronte
alla realtà disarmante che
per distruggere Berlusconi
non era necessario armare il
braccio politico della magistratura:
bastava un souvenir
nelle mani di un folle.
Ma allora, chi è il folle? Già
perché un altro dei luoghi
comuni da sfatare quando si
parla di malattie psichiche,
è l’equazione che quasi
sempre si fa tra “pazzia” e
“ritardo mentale”. Una
persona affetta da una delle
più svariate forme di psicosi,
non necessariamente ha
un’intelligenza inferiore alla
media. Al contrario, spesso
è una persona con un’intelligenza
del tutto normale
e con una vita apparentemente
normale. Ecco perché
sovente chi non vive il
dramma dall’interno si rende
conto di aver avuto a che
fare con un malato di mente,
soltanto quando la follia
esplode in gesti eclatanti.
Per non parlare poi di quando
il malato di mente ha
un’intelligenza superiore
alla media. In quei casi la
follia può assumere i contorni
di una forma degenerata
di genialità. Perché la
verità è che la malattia psichica
è una malattia come
tutte le altre e, come qualunque
altra malattia, può
colpire chiunque: poveri e
ricchi, giovani e vecchi,
belli e brutti, intelligenti e
non. Ciò che la rende diversa,
è il mistero della sua
eziologia. Ormai sappiamo
quasi tutto sulle cause dei tumori,
dell’aids, delle malattie
genetiche. Ma sul perché
si diventi matti, si sa ancora
troppo poco. La nostra impotenza
sta proprio nell’incapacità
di comprendere il mondo
che sta dietro un gesto di
follia. Il Prof. Basaglia affermava
che la follia non viene
mai ascoltata per ciò che dice
o che vorrebbe dire. Infatti,
politici e commentatori, in
questo periodo, non hanno
fatto altro che attribuire al
gesto di Massimo Tartaglia il
significato che più tornava
loro comodo, considerandolo
come l’effetto di sollecitazioni
esterne ora di questa
ora di quella parte politica;
mentre il significato autentico
di quel gesto sta tutto in
quel mondo interno solo suo,
che Massimo non riesce ad
esprimere in un altro modo e
che noi, per nostri limiti, non
riusciamo a penetrare. Una
cosa è certa, però, che quando
nemmeno si tenta di comprendere
il senso profondo di
un atto del genere, ma con
estrema superficialità gli si
attribuisce il valore che più
ci aggrada, non siamo nemmeno
di fronte alla follia, ma
all’imbecillità che, essendo
solo manifestazione di scarsa
intelligenza, della malattia
non ha la stessa dignità.
Raffaella De Angelis
Avvocato del Foro di Roma