Risarcimento del danno anche per il convivente
Date: Tuesday, March 30 @ 17:13:04 CEST
Topic: Articolo


Confermata la condanna dei genitori in favore del compagno della giovane Hina Saleem

Lo scorso 18 febbraio 2010 sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza con cui la Suprema Corte di Cassazione ha confermato le condanne emesse dalla Corte d’Assise di Appello di Brescia a carico dei genitori di Hina Saleem, la ragazza pakistana uccisa dal padre nel 2006 al culmine di una serie di contrasti insorti intorno alle scelte di vita adottate dalla giovane. Secondo la pronuncia, infatti, Hina era vittima di un patologico rapporto di possesso dominio da parte del padre, per sottrarsi al quale aveva intrapreso da tempo una relazione e una convivenza con un ragazzo italiano, secondo un percorso contrario ai voleri del padre oltre che contrastante con gli schemi propri della regola islamica . Va peraltro chiarito, che la motivazione religiosa che si è voluta dipingere sullo sfondo della vicenda, può risultare fuorviante in quanto il dibattimento ha fatto emergere una realtà di abusi sessuali del padre sulla figlia, in modo tale che il citato rapporto di possesso dominio aveva una connotazione diversa e meno nobile da quella religiosa. Tuttavia ciò che spicca e merita di essere sottolineato nella decisione del Supremo Collegio è il riconoscimento della legittimazione a costituirsi parte civile in capo al giovane fidanzato di Hina, a cui la Corte ha assegnato una provvisionale simbolica di 2.000,00 euro a titolo di risarcimento del danno extra patrimoniale patito in seguito alla uccisione della fidanzata convivente. Sullo sfondo di una ideale contrapposizione tra famiglia tradizionale e famiglia di fatto, in cui nel caso di specie la prima emerge come luogo di violenze ed angherie e la seconda come luogo di salvezza e legittima aspirazione di libertà, non si può non sottolineare il consolidarsi di un orientamento della giurisprudenza incline a dare rilievo alla famiglia di fatto come luogo di svolgimento e realizzazione della personalità meritevole di tutela. Una dei primi riconoscimenti della rilevanza costituzionale della famiglia di fatto si è avuto nella sentenza n. 237 del 13.11.1986 della Corte Costituzionale, laddove sulla scorta dell’art. 2 Cost. e del rilievo da tale articolo offerto alle formazioni sociali c.d. intermedie, si giunge ad estendere anche al convivente more uxorio la scriminante di cui all’art. 384 c.p., riconoscendo anche alla famiglia di fatto il ruolo di basilare formazione sociale in cui si coagulano rapporti che coinvolgono bisogni essenziali, diritti ed affetti della persona. Recentemente, si sono avute significative aperture sul piano legislativo, basti pensare alla legge sulla procreazione assistita (cfr. art. 5 L. 40/04) o alla legge istitutiva del reato di abusi familiari (cfr. L. 154/01), delineando un iter che ha avuto come naturale e forse prematuro sbocco il tentativo operato nella scorsa legislatura di codificare le unioni di fatto. In giurisprudenza proprio facendo leva sulla dimensione affettiva si è via via consolidato l’indirizzo teso ad ammettere la legittimazione iure proprio del convivente a richiedere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, in caso di morte o di lesioni patite dal partner. Infatti, la principale delle obiezioni che aveva frenato un’apertura in tal senso, cioè l’assenza nell’ordinamento di una norma istitutiva di diritti e doveri a carico dei conviventi sul modello di quanto previsti dagli artt. 143 e ss. c.c. a proposito dei coniugi, è stata risolta attraverso un maggior rigore probatorio richiesto riguardo la stabilità della convivenza e la sussistenza di una duratura comunione morale e materiale tra i conviventi. Una volta provati questi elementi (utilizzati come grimaldello per avvicinare i due modelli di famiglia), dicono in sostanza i giudici, diverrebbe discriminatorio escludere il convivente dai meccanismi risarcitori previsti dagli artt. 2043 e 2059 c.c., con il conseguente riconoscimento della legittimazione ad causam, ribadito anche nel caso tristemente noto della giovane Hina Saleem.

Giorgio Ciccarelli
Avvocato del Foro di Roma





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