Le onde anomale del processo civile
In attuazione dell’art.
60 della legge n. 69/09,
sulla riforma del Processo
civile, è entrato in
vigore il 4 marzo scorso il
decreto legislativo n. 28, in
materia di mediazione finalizzata
alla conciliazione
delle controversie civili e
commerciali.
La norma prevede l’istituzione
di particolari organismi
di mediazione, presso
enti pubblici e privati, o
presso i consigli dei vari
ordini professionali, camere
di commercio, associazioni
di categoria e sindacati,
la cui funzione dovrebbe
essere quella di fornire
assistenza legale a
soggetti in conflitto, fino a
far raggiungere loro lo
sperato accordo, nei casi in
cui la controversia riguardi
materie civili e commerciali
su diritti disponibili.
A partire dall’anno prossimo,
poi, in alcune particolari
materie (condominio,
diritti reali, divisione, successioni
ereditarie, patti di
famiglia, locazione, comodato,
affitto di azienda,
contratti assicurativi, bancari
e finanziari, risarcimento
del danno derivante
da responsabilità medica,
da diffamazione a mezzo
stampa o altro mezzo di
pubblicità, da circolazione
di veicoli e natanti), l’esperimento
del procedimento
di mediazione, sarà
condizione di procedibilità
dell’azione civile ordinaria.
E’ da tempo, ormai, che il
nostro legislatore declina
la parola mediazione in
ogni modo e su ogni tipo di
materia, pur di arrivare al
tanto agognato traguardo
della deflazione dei procedimenti
processuali pendenti.
Si tende a sostituire funzioni
che da sempre sono
prerogativa dei magistrati
e degli avvocati, con quelle
di figure professionali
nuove che non si capisce
perché dovrebbero riuscire,
laddove i primi falliscono.
A volte sembra che il “Palazzo”,
pur di riempirsi la
bocca dicendo “abbiamo
fatto la riforma” di un determinato
ambito del diritto,
invece di inserire le
norme rispettando rigorosi
criteri di sistematicità, ve
le butti letteralmente dentro,
nella sconcertante incapacità
di prevedere anche
le più immediate conseguenze
che un innesto,
così disarmonico e disorganico,
potrà provocare.
Nella migliore delle ipotesi,
quello che si produce
non è mai il risultato sperato,
ma un pericoloso effetto
domino, che sarebbe
devastante se la riforma
non venisse revocata alla
prima prova sul campo,
palesando tutta la sua inutilità
(si pensi alla norma
che qualche anno fa aveva
previsto, in materia di sinistri
stradali, due diversi tipi
di procedimento, a seconda
che l’incidente
avesse provocato solo danni
materiali o solo lesioni
fisiche, dimenticando quid
iuris nel caso – poi non così
raro ed inimmaginabile
– che in uno stesso incidente
si producessero gli
uni e le altre).
Altre riforme si potrebbero
intitolare: “Tanto rumore
per nulla” . Vedi quanto
successo per il processo societario,
morto praticamente
in culla, o per la legge
sull’affidamento condiviso,
che di fatto non ha prodotto
nessun cambiamento di
rilievo rispetto al sistema
precedente.
Più che delle riforme, queste
nuovi innesti normativi
sembrano a volte delle
“onde anomale”: lì per lì
fanno tanta impressione,
ma ormai cominciamo a
farci l’abitudine e già sappiamo
che basterà aspettare
un po’, perché tutto torni
come prima.
Raffaella De Angelis
* Avvocato del Foro di Roma