La solitudine dei numeri primi
Per una serie di coincidenze
poco favorevoli
sembrava non ci dovessimo
incontrare, gli orari e i
tempi non coincidevano e i
mezzi tecnologici di comunicazione
sembravano in sciopero.
Ma una sana imprevedibilità
e temerarietà italiana
unita ad un pizzico di fortuna
alla fine ha ribaltato la situazione
ed eccomi là, seduta al
Caffè Metropolitan di New
York , Paolo Giordano che
entra e mi dice:- "Eri tu che
mi stavi cercando vero?" -
"Non ci speravo più, ma sono
venuta sperando di incontrarti."
Ed eccoci là a parlare del
suo libro "La solitudine dei
numeri primi" che ha vinto
nel 2008 il Premio Campiello
Opera Prima e a seguire molti
altri e che quasi da subito ha
valicato i confini dell'Italia.
D. Ho letto il tuo libro appena
è uscito e ne sono rimasta
colpita, soprattutto per
quanto sei "entrato" nei
personaggi; come hai fatto
questo percorso, la tua vita
da matematico in qualche
modo ti ha aiutato sei molto
analitico di natura.
R. Credo che lo strumento
principe per ogni scrittore, almeno
per me, sia l'empatia:
proprio lasciarsi guidare assolutamente
dall'empatia. E poi
sì sono una persona molto
analitica, tendo ad esserlo un
po' in tutto, un modo per rendere
le cose più facili, schematizzare,
incasellare, ma in
realtà trovo più difficoltà a
gestire la scrittura sulle cose
esteriori che sull'intimità e la
personalità dei personaggi
che è la cosa che mi interessa
di più.
D. Ho notato in te la cura
del dettaglio, paragonabile
a quella dei pittori iperrealisti..
R. Questo viene anche un po'
dalla fisica, dalla matematica,
la cura del dettaglio, l'ossessione
del dettaglio. Quando
riesci ad essere estremamente
preciso su qualcosa, però devi
essere estremamente preciso,
se rimani su una precisione
di facciata è la cosa peggiore,
perché ammazza l'emotività
e diventa solo cavilloso,
invece se riesci ad essere
estremamente preciso sugli
oggetti, sui gesti, allora quello
scatena una serie di connotazioni
che anche gli oggetti
hanno, che i dettagli hanno..
C' è un' unica micro dichiarazione
di poetica che faccio
nel libro, a un certo punto
parlo di Viola l'amica di Alice
e dico che lei sa che nella precisione
del dettaglio c'è tutta
la violenza e si scatena tutta la
potenza di una storia, e io
penso che sia così.
D. Come sei arrivato dalla
fisica alla scrittura e quanto
secondo te il sapere è connesso?
R. Secondo me è connesso
perché sono entrambe indagini,
però il campo è diverso, il
linguaggio dell'indagine è
molto diverso, una è dal dentro
al fuori e una è dal fuori al
dentro. Io penso che la connessione
primaria per me sia
stata un certo tipo di soddisfazione
che c'è nella creazione
con la scrittura e che cercavo
anche nella matematica ..
quel grande senso di pace che
ottieni quando hai finito un
conto o quando hai fatto una
semplificazione matematica o
quando hai finito una pagina.
D. Come arrivi a sapere che
la pagina ti ha dato pace,
che è a posto?
R. Non mi dà quasi mai pace
però arriva a un punto in cui
tu sei estremamente incatenato
e quindi mi rendo conto
che se cambio un pezzo mi
crolla troppa roba e allora
quello di solito è il punto, il
momento in cui tutto si tiene
in piedi.
D. E' una specie di alchimia.
R. Sì, di miniatura, di modellismo.
D. Per quanto riguarda il finale
del tuo libro. È stato
dettato un po' da un filo logico
che ha seguito il profilo
psicologico dei personaggi?
R. La coerenza, nel senso che
ogni volta che ho cercato di
forzare la mano verso un lieto
fine tout court mi rendevo
conto che era disonesto, anche
perché il dolore dei personaggi
era talmente ormai in
loro, che se uno glielo estirpava,
li ammazzava, in un certo
senso.
D. Hai conosciuto persone
con questo tipo di problema
nella tua vita?
R. Di ragazze sì, di ragazzi
no, quello è tutto frutto .. in
realtà io non avevo neanche
idea che ad esempio il fatto di
tagliarsi fosse così "di moda",
l'ho saputo poi dopo la pubblicazione
del libro che è un
fenomeno veramente crescente,
però per me era una
cosa talmente bizzarra che...
E' un po' inquietante. Adesso
poi c'è questo fenomeno dell'anoressia
anche per i ragazzi,
è un aspetto un po' trascurato
però c'è.
D. C'è un po' una uniformazione
dei sessi e una trasmigrazione
dei problemi..
R. Sì direi di sì.
D. Vuoi aggiungere qualcosa
sul tuo libro o su di te che
non ti ho chiesto?
R. No, aggiungi tu.
E allora aggiungo che "La solitudine
dei numeri primi" è
un romanzo che getta luce sui
difficili problemi dell' anoressia
e delle nevrosi autolesioniste,
capace di entrare nella
mente dei personaggi ed
esprimerci i loro pensieri e le
loro difficoltà, cosa altrimenti
difficile in quanto la loro difese
li portano a nascondere e a
tacere più che ad esprimere, e
ci offre degli spunti per entrare
in contatto con persone simili
usando approcci nuovi,
se lo vogliamo. E infine non
posso che aggiungere che
Paolo Giordano è una persona
simpaticissima, piacevole ,
cortese e che sta meritando il
successo che riscuote...
Anna Gorrieri