Mediazione: spunti di riflessione
Con il D.lgs. 28/2010 in
materia di mediazione
civile e commerciale,
il Legislatore ha voluto introdurre
nel panorama giuridico
italiano la cultura delle c.d.
A.D.R., strumenti di risoluzione
alternativa delle controversie.
Fin dalla pubblicazione del
D.lgs. 28/2010, si è assistito
ad ampi dibattiti per lo più
critici rispetto all’impianto
normativo predisposto dal legislatore:
le tematiche principali
sono quelle attinenti all’obbligatorietà
del tentativo
di conciliazione, alla mancata
previsione dell’obbligatorietà
della presenza di un legale
(fermo restando però, in capo
ad esso, l’obbligo di informativa,
pena l’annullabilità del
contratto con il cliente) ed alla
scelta delle materie in cui il
tentativo di conciliazione diventerà
condizione di procedibilità.
A parere degli scriventi, questo
nuovo strumento viene
fortemente osteggiato perché
non se ne conoscono approfonditamente
i benefici e
l’utilità. Una riflessione
emerge spontanea: il legislatore
ha ritenuto di affidare la
diffusione della cultura conciliativa
ai professionisti e gli
stessi o, almeno alcuni (o la
maggior parte) di essi, ne
stanno ostacolando il percorso.
L’affidamento dell’obbligo
di informativa in capo ai
professionisti risponde chiaramente
alla natura di condizione
di procedibilità che assumerà
la mediazione da marzo
2011 ma non solo; infatti,
ulteriore ratio si ravvede nella
professionalità e nella competenza
degli stessi, qualificati
ad illustrare i benefici della
mediazione sia in termini di
rapida definizione delle controversie
sia in termini di economicità
e certezza dei costi
da sostenersi. Il ruolo dell’avvocato,
quindi, pur non sussistendo
l’obbligo formale di
assistenza in mediazione, è rilevante
sia sotto un profilo
culturale sia sotto un profilo
prettamente lavorativo.
In termini strettamente pratici,
la mediazione si può rappresentare
come l’incontro
tra un soggetto terzo, imparziale
ed esperto di arti maieutiche
(il mediatore) e le parti
in conflitto: lo scopo che ci si
prefigge è una soluzione
creativa, rapida ed economica
della controversia. La procedura
di mediazione è caratterizzata
da una struttura dinamica
ed elastica che consente
di muoversi al di là degli ordinari
schemi giudiziali, che
vincolano alle formalità codicistiche
ed ai principi di diritto
sia le parti sia l’autorità
giudiziaria. L’unico “limite”
della mediazione è di non sottoscrivere
accordi contrari all’ordine
pubblico o a norme
imperative. Comprendere a
pieno il concetto di “soluzione
alternativa” renderà più
semplice la diffusione della
mediazione: infatti la diffidenza
mostrata nei riguardi di
questo strumento, sottintende
sostanzialmente una mancata
fiducia o comunque un sospetto
persistente nei confronti
sia del mediatore sia
della propria controparte. Il
mediatore ha a disposizione
strumenti non utilizzabili in
giudizio; infatti la sua specifica
preparazione in tecniche di
comunicazione, di gestione
dei rapporti di gruppo, di gestione
dei conflitti consentirà
di andare ben oltre la pretesa
formulata dalle parti in maniera
formale e, di approfondire,
il c.d substrato dei sentimenti,
delle paure e dei reali
bisogni che fondano tale
pretesa. Questi strumenti saranno
messi in campo mediante
lo svolgimento di sessioni
congiunte in cui il mediatore
avrà modo di confrontarsi
con tutti i soggetti coinvolti
o sessioni separate in tal
caso il mediatore si confronta
con la parte ed eventualmente
il suo legale. Il rapporto di fiducia
che si viene a creare tra
le singole parti e il mediatore
(soprattutto nello svolgimento
delle sessioni separate)
consente di modulare un percorso
comune che porta ad
una soluzione soddisfacente
per entrambi. Se il procedimento
avrà una conclusione
positiva verranno stilati due
atti distinti, l’uno il verbale di
conciliazione in cui il mediatore
dà atto dell’avvenuta mediazione,
l’altro l’accordo
con gli impegni reciprocamente
assunti, che verrà sottoscritto
dalle sole parti. In
caso di esito negativo, il mediatore
redigerà il verbale di
mancata conciliazione con
indicazione delle ipotesi formulate
e delle motivazioni
che hanno impedito l’accettazione
delle proposte emerse.
La scelta del legislatore di
rendere la mediazione una
condizione di procedibilità
per alcune materie è stata letta
ed interpretata come ricerca
di uno strumento deflattivo
del giudizio ordinario, ormai
appesantito ed estremamente
lungo e farraginoso. Tale lettura
ha senza dubbio il suo
fondamento, anche se la mediazione
ha come peculiarità
quella di considerare il ricorso
al rito ordinario come
estrema ratio per la risoluzione
di un conflitto.
In conclusione, le molte polemiche
sollevate e che sono
state brevemente trattate saranno
oggetto dei regolamenti
attuativi del D.lgs. 28/2010:
questi, avranno il compito di
chiarire le zone d’ombre e le
perplessità nate dalla pubblicazione
del decreto..
Di certo la fiducia da parte dei
professionisti, i tempi brevi, la
creatività e la certezza dei costi
sono gli elementi che consentiranno
lo sviluppo e la diffusione
di questo strumento.
Fabio Di Marco e Simona Testa
Avvocati del Foro di Roma