Uccidere il padre...
Date: Thursday, October 14 @ 18:09:47 CEST
Topic: Editoriali


Uccidere il padre...

Brutto spettacolo politico, quello cui si assiste in questi giorni, con la maggioranza che c’è e non c’è, con la vicenda della casa di Montecarlo che tiene banco e sulla graticola l’on. Gianfranco Fini, con la Procura di Napoli che ha disposto una perquisizione presso la redazione di «Il Giornale» alla ricerca di un presunto dossier sul presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, dimenticando che il confezionamento di dossiers (in italiano inchieste) sono l’attività tipica dei giornalisti garantita dall’art. 21 della Costituzione. La crisi della maggioranza, se non è una novità nel sistema politico italiano, appare di difficile comprensione per chi quella maggioranza l’ha votata, perché non trova origine né in un dissenso storico tra alleati che avevano in comune solo un nemico, come avvenne per il Governo Prodi, né in un giro di valzer di uomini di potere, come avveniva nell’era della Democrazia Cristiana. La crisi nasce dal fatto che il leader politico che si era presentato agli Italianicome il baluardo di una alleanza di governo che dura dal 1994 ed il successore naturale di Berlusconi ha deciso di tentare di accelerare i tempi della propria scalata alla Presidenza del Consiglio o a quella della Repubblica. Né si dica che sono state le vicende giudiziarie del Cavaliere ad indurre il Presidente della Camera a cambiare rotta, perché, da quando è sceso in campo, Berlusconi potrebbe essere definito un «leader a processo continuato », dato che è difficile trovare un imprenditore che abbia ricevuto tanti avvisi di garanzia quanti lui. Per gli avversari di Berlusconi, gli avvisi di garanzia sono la prova che egli è la causa di tutti i mali d’Italia, mentre i suoi elettori si distinguono da sempre in due categorie: gli adoratori (o adulatori) e coloro che lo ritengono il male minore rispetto alla ipotesi di un governo di centro sinistra. Gli elettori dell’area ex A.N., cioè il bacino elettorale di Fini, appartengono a questa ultima categoria, coniata da Indro Montanelli, allorché invitò a votare D.C. «turandosi il naso» perché quello era il male minore per l’Italia. Caratteristica dei baluardi è quella di resistere agli assedi o in mezzo alle tempeste, mostrando solidità e fermezza, il che in termini politici dovrebbe equivalere a non rinunciare alle proprie idee e principi morali pur nella lealtà con gli alleati. Se Fini fosse oggi entrato in possesso di informazioni che lo hanno convinto sulla via di Damasco che Berlusconi sia un elemento negativo per l’Italia, che non aveva quando ha cofondato con il premier il PDL, non vi sarebbe motivo perché non abbia informato gli Italiani dei fatti nuovi. Poiché ciò non è stato, non può che pensarsi che abbia semplicemente ritenuto di essere finito in una sorta di cimitero politico degli elefanti ed abbia quindi deciso di crearsi un nuovo spazio lontano dalla maggior parte dei vecchi compagni di partito per potersi presentare come colui che ha tagliato ogni radice con il proprio passato. Dopo il Fascismo, il Movimento Sociale, Alleanza Nazionale, Fini ha deciso di cancellare anche la «macchia » Berlusconi. Il complesso di Edipo e la necessità di uccidere il padre non è un fenomeno politico nuovo, anche se viene da molti ritenuto un segno di instabilità perché denota difficoltà nella crescita. Nel caso di Fini il problema è che il Presidente della Camera, in poco tempo, ha fatto una strage di padri e padrini politici, sicché si ha l’impressione di vivere non già sul set della politica, ma di quello di un giallo di Agatha Christie. Spettacoli interessanti, quelli che trovano origine nei libri della scrittrice britannica, ma poco adatti alla vita quotidiana e quindi alla politica, dove si dovrebbe costruire il futuro dei figli piuttosto che dedicarsi periodicamente all’omicidio dei padri. Sicuramente il copione è stato influenzato dalla vicenda della casa di Montecarlo, a dimostrazione che le case, che nell’immaginario collettivo sono punti di riferimento, hanno il potere di danneggiare la figura di Gianfranco Fini, ma, al di là delle battute giornalistiche, è necessario capire perché un episodio, che potremmo definire di malcostume secondario, è stato percepito come una offesa più grave di quella provocata da casi di conclamata corruzione. Ho parlato di malcostume secondario perché la casa di Montecarlo tocca economicamente non interessi pubblici, bensì solo il patrimonio degli ex aennini, fatto che avrebbe dovuto far perdere rapidamente di interesse la pur assidua campagna stampa lanciata da Il Giornale e da Libero. Quello che nessuno ha scritto è che tanto interesse deriva dal fatto che, contrariamente a quanto si creda, gli Italiani hanno necessità di una politica sana, fatta di ideali che sopravvivano agli interessi quotidiani, come quelli della Marchesa Colleoni che ha voluto destinare il proprio patrimonio «alla giusta causa». Gli ideali sono il sogno dell’immortalità, di un valore superiore a quello della vita umana medesima, tant’è che gli integralisti li sfruttano percreare ed armare i kamikaze. Aiutano a sostenere le fatiche ed il peso della vita. Accettare i cambiamenti di idee e di strategia dei propri leaders non è facile, ma è possibile, perché essi vengono idealizzati, mentre è più difficile idealizzare chi appare come colui che si approfitta di un morto. Il tombarolo è un mestiere che è sempre esistito e continuerà ad esistere, ma nessuno si vanta in pubblico di farlo perché viene dalla comunità ritenuto moralmente più esecrando dell’omicidio: il morto non può difendersi. Fini, nel proprio pragmatismo, se vuole uscire dalla posizione di stallo, deve comprendere i motivi per i quali un probabile peccato veniale provocato dall’amore per la propria nuova compagna di vita lo può danneggiare più di dieci incriminazioni di Berlusconi per corruzione. Il Cristiano pensa che il furto o l’omicidio, anche di un genitore, può commetterlo anch’egli e non scaglia la prima pietra, memore delle parole di Gesù, ma ritiene che la profanazione delle tombe sia campo riservato ai seguaci di Satana, il male assoluto.

Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma







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