Uccidere il padre...
Brutto spettacolo
politico, quello cui
si assiste in questi
giorni, con la maggioranza
che c’è e non c’è, con la vicenda
della casa di Montecarlo
che tiene banco e sulla
graticola l’on. Gianfranco
Fini, con la Procura di
Napoli che ha disposto una
perquisizione presso la
redazione di «Il Giornale»
alla ricerca di un presunto
dossier sul presidente di
Confindustria, Emma
Marcegaglia, dimenticando
che il confezionamento di
dossiers (in italiano inchieste)
sono l’attività tipica
dei giornalisti garantita dall’art.
21 della Costituzione.
La crisi della maggioranza,
se non è una novità nel sistema
politico italiano, appare
di difficile comprensione
per chi quella maggioranza
l’ha votata, perché
non trova origine né in un
dissenso storico tra alleati
che avevano in comune solo
un nemico, come
avvenne per il Governo
Prodi, né in un giro di valzer
di uomini di potere,
come avveniva nell’era della
Democrazia Cristiana.
La crisi nasce dal fatto che
il leader politico che si era
presentato agli Italianicome il baluardo di una alleanza
di governo che dura
dal 1994 ed il successore naturale
di Berlusconi ha deciso
di tentare di accelerare i tempi
della propria scalata alla
Presidenza del Consiglio o a
quella della Repubblica.
Né si dica che sono state le
vicende giudiziarie del Cavaliere
ad indurre il Presidente
della Camera a cambiare rotta,
perché, da quando è sceso
in campo, Berlusconi
potrebbe essere definito un
«leader a processo continuato
», dato che è difficile
trovare un imprenditore che
abbia ricevuto tanti avvisi di
garanzia quanti lui.
Per gli avversari di Berlusconi,
gli avvisi di garanzia
sono la prova che egli è la
causa di tutti i mali d’Italia,
mentre i suoi elettori si distinguono
da sempre in due categorie:
gli adoratori (o adulatori)
e coloro che lo ritengono
il male minore rispetto alla
ipotesi di un governo di centro
sinistra.
Gli elettori dell’area ex A.N.,
cioè il bacino elettorale di Fini,
appartengono a questa ultima
categoria, coniata da Indro
Montanelli, allorché invitò
a votare D.C. «turandosi
il naso» perché quello era il
male minore per l’Italia.
Caratteristica dei baluardi è
quella di resistere agli assedi
o in mezzo alle tempeste,
mostrando solidità e fermezza,
il che in termini politici
dovrebbe equivalere a non rinunciare
alle proprie idee e
principi morali pur nella
lealtà con gli alleati.
Se Fini fosse oggi entrato in
possesso di informazioni che
lo hanno convinto sulla via di
Damasco che Berlusconi sia
un elemento negativo per l’Italia,
che non aveva quando
ha cofondato con il premier il
PDL, non vi sarebbe motivo
perché non abbia informato
gli Italiani dei fatti nuovi.
Poiché ciò non è stato, non
può che pensarsi che abbia
semplicemente ritenuto di
essere finito in una sorta di
cimitero politico degli elefanti
ed abbia quindi deciso
di crearsi un nuovo spazio
lontano dalla maggior parte
dei vecchi compagni di partito
per potersi presentare
come colui che ha tagliato
ogni radice con il proprio
passato.
Dopo il Fascismo, il Movimento
Sociale, Alleanza
Nazionale, Fini ha deciso di
cancellare anche la «macchia
» Berlusconi. Il complesso
di Edipo e la necessità
di uccidere il padre non è un
fenomeno politico nuovo,
anche se viene da molti
ritenuto un segno di instabilità
perché denota difficoltà
nella crescita.
Nel caso di Fini il problema è
che il Presidente della Camera,
in poco tempo, ha fatto
una strage di padri e padrini
politici, sicché si ha l’impressione
di vivere non già sul set
della politica, ma di quello di
un giallo di Agatha Christie.
Spettacoli interessanti, quelli
che trovano origine nei libri
della scrittrice britannica, ma
poco adatti alla vita quotidiana
e quindi alla politica,
dove si dovrebbe costruire il
futuro dei figli piuttosto che
dedicarsi periodicamente all’omicidio
dei padri.
Sicuramente il copione è stato
influenzato dalla vicenda
della casa di Montecarlo, a dimostrazione
che le case, che nell’immaginario collettivo
sono punti di riferimento,
hanno il potere di danneggiare
la figura di Gianfranco Fini,
ma, al di là delle battute
giornalistiche, è necessario
capire perché un episodio,
che potremmo definire di
malcostume secondario, è
stato percepito come una
offesa più grave di quella
provocata da casi di conclamata
corruzione.
Ho parlato di malcostume
secondario perché la casa di
Montecarlo tocca economicamente
non interessi pubblici,
bensì solo il patrimonio
degli ex aennini, fatto
che avrebbe dovuto far
perdere rapidamente di interesse
la pur assidua campagna
stampa lanciata da Il
Giornale e da Libero.
Quello che nessuno ha scritto
è che tanto interesse deriva
dal fatto che, contrariamente a
quanto si creda, gli Italiani
hanno necessità di una politica
sana, fatta di ideali che sopravvivano
agli interessi quotidiani,
come quelli della
Marchesa Colleoni che ha voluto
destinare il proprio patrimonio
«alla giusta causa».
Gli ideali sono il sogno dell’immortalità,
di un valore superiore
a quello della vita
umana medesima, tant’è che
gli integralisti li sfruttano percreare ed armare i kamikaze.
Aiutano a sostenere le fatiche
ed il peso della vita.
Accettare i cambiamenti di
idee e di strategia dei propri
leaders non è facile, ma è
possibile, perché essi vengono
idealizzati, mentre è più
difficile idealizzare chi appare
come colui che si approfitta di
un morto.
Il tombarolo è un mestiere
che è sempre esistito e continuerà
ad esistere, ma nessuno
si vanta in pubblico di farlo
perché viene dalla comunità
ritenuto moralmente più esecrando
dell’omicidio: il morto
non può difendersi.
Fini, nel proprio pragmatismo,
se vuole uscire dalla
posizione di stallo, deve comprendere
i motivi per i quali
un probabile peccato veniale
provocato dall’amore per la
propria nuova compagna di
vita lo può danneggiare più di
dieci incriminazioni di
Berlusconi per corruzione.
Il Cristiano pensa che il furto
o l’omicidio, anche di un genitore,
può commetterlo anch’egli
e non scaglia la prima
pietra, memore delle parole di
Gesù, ma ritiene che la profanazione
delle tombe sia
campo riservato ai seguaci di
Satana, il male assoluto.
Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma